Vi siete mai chiesti perché, pur trovandosi alla stessa latitudine, Svezia e Groenlandia hanno temperature completamente differenti? Le differenze climatiche del nostro pianeta sono condizionate in buona parte dalle correnti oceaniche che, con il loro movimento, generano la “circolazione termoalina”. Questo fenomeno è regolato dalla temperatura e dalla salinità dell’acqua che ne determinano la densità. Le differenze di densità creano il movimento delle correnti che giungono fino alle latitudini estreme dell’Antartide, a Sud, e della Groenlandia, a Nord, condizionando le temperature delle zone che attraversano.
Un'immagine semplificata della circolazione termoalina globale. Nella zona tra il Nord America e l'Europa, si osserva il processo definito AMOC
A destare qualche preoccupazione fra scienziati e ricercatori, è il funzionamento della cosiddetta AMOC, l’Atlantic Meridional Overturning Circulation, ovvero il “capovolgimento meridionale della circolazione atlantica”, una corrente oceanica che a sua volta fa parte della già citata circolazione termoalina. Su questa si concentra il monito di un gruppo di quarantaquattro scienziati provenienti da tutto il mondo, che in una lettera di fine ottobre 2024, ha voluto mettere in guardia sulle conseguenze del riscaldamento globale sull’AMOC e, dunque, sul Nord Europa e sul resto del mondo.
Come funziona l’AMOC e come regola il clima globale?
Le correnti oceaniche calde, tra cui la corrente del Golfo, risalgono dai tropici lungo le coste del Nord America, cambiando direzione all’altezza della Florida: è proprio in quel punto che la corrente si spinge verso nord-est e raggiunge l’Europa, ed è grazie a questo fenomeno che nel nostro continente possiamo godere di un clima tutto sommato temperato. Durante il lungo percorso, una parte dell’acqua evapora, aumentando la salinità dell’acqua rimasta. Una volta giunte nel Nord Europa, le correnti disperdono parte della loro energia termica nell’atmosfera, soprattutto in inverno, quando l’aria è più fredda dell’acqua. Dal Nord Atlantico, l’acqua calda e salata si raffredda, aumenta di densità e affonda. “Questo affondamento è essenziale per mantenere la circolazione delle correnti”, spiega Giuliana Panieri, professoressa di geologia presso il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Tromsø, in Norvegia. Da qui, infatti, la corrente fredda percorre da Nord a Sud le coste orientali dell’America, e il ciclo continua.
Le correnti oceaniche in pericolo
Alphaville 02.01.2025, 11:30
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Giuliana Panieri afferma inoltre che “l’AMOC ha un ruolo molto importante nella regolazione del clima del nostro pianeta. Trasportando l’acqua calda dalle regioni tropicali fino alle regioni costiere dell’Europa occidentale, fa sì che, ad esempio, in Inghilterra non sia così freddo.” Invece, alla stessa latitudine del Nord America le temperature sono molto più rigide.
Il rallentamento dell’AMOC e le conseguenze globali
Negli ultimi 60 anni circa si è notato un rallentamento dell’AMOC, testimoniato da misurazioni della temperatura di colonne d’acqua e dalla formazione anomala di quella che in inglese viene definita “cold blob”, letteralmente “macchia fredda”, una zona nell’Atlantico settentrionale dove l’aria invece di riscaldarsi, come il resto del pianeta, si è raffreddata.
La "cold blob" nell'Atlantico settentrionale
Sono diversi i fattori climatici che hanno causato questo rallentamento. Giuliana Panieri menziona l’enorme quantità di CO2 che viene immessa nell’atmosfera in tempi brevi. Ma anche lo scioglimento dei ghiacciai e l’incremento delle precipitazioni hanno il loro impatto: aumentando l’immissione di acqua dolce si riduce la salinità dell’acqua e, di conseguenza, la densità. Tutto questo “influenza il processo di affondamento delle masse d’acqua e rallenta la circolazione”.
Tra i vari impatti che può avere il rallentamento o, addirittura, il blocco dell’AMOC, ci sono il raffreddamento delle temperature in Nord Europa, l’aumento del livello del mare, la riduzione della capacità di assorbimento della CO2 da parte degli oceani e l’aumento delle piogge nelle zone tropicali.
Non un allarme rosso ma una messa in guardia
Sebbene alcuni scienziati ritengano che il rallentamento dell’AMOC non sia già in atto, altri, tra cui i 44 studiosi autori della lettera, mettono in guardia sulle possibili conseguenze di questo fenomeno. Anche perché secondo alcuni studi dell’IPCC, il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, la probabilità che l’AMOC si indebolisca entro il 2100 è molto alta.
Giuliana Panieri, però, ci tranquillizza, precisando che non è un vero e proprio “allarme rosso” quello lanciato dai suoi colleghi, ma di certo è un “invito ad essere più responsabili nelle nostre scelte, perché è adesso il momento di prendere delle decisioni per mitigare i cambiamenti climatici in atto”. Gli studiosi concludono infatti la lettera esortando a dare priorità alla riduzione delle emissioni, affinché venga rispettato l’obiettivo dell’Accordo di Parigi: limitare l’aumento della temperatura globale a un massimo di 1,5 gradi Celsius.