Sul posto di lavoro, in politica o nella divisione del lavoro domestico e della cura dei figli: per una netta maggioranza degli utenti (74%) della piattaforma SSR “Dialogo”, è chiaro che le donne in Svizzera sono ancora svantaggiate in molti ambiti della vita.
Un’utente della Svizzera francese, ad esempio, si rende conto di non avere le stesse opportunità degli uomini nella vita di tutti i giorni: “Devo essere più tenace per ottenere ciò che voglio e non ricevo alcun riconoscimento o sostegno per i miei risultati, mentre come uomo avrei ricevuto applausi e apprezzamenti”, scrive. Un’altra dice anche di essere presa meno sul serio dai suoi superiori rispetto ai colleghi maschi: “Anche se ho un master e qualifiche superiori a quelle del mio capo”
Anche un’altra partecipante al dibattito osserva la mancanza di uguaglianza, sia nel mondo professionale che in altre situazioni quotidiane: “Finché non ricevo lo stesso stipendio del mio collega maschio, finché le donne fanno la maggior parte dei lavori domestici, finché chiamo un’amica perché voglio sentirmi al sicuro quando torno a casa da sola, la parità non è stata raggiunta”
Un’altra persona che ha commentato sulla piattaforma aggiunge che la parità non è stata raggiunta in nessuna delle due direzioni: “Gli svantaggi per gli uomini sono appena menzionati in questa domanda: quasi un anno di servizio militare o civile obbligatorio”
Questo è uno dei punti sollevati da un altro utente, che ritiene che le donne vengano coccolate al giorno d’oggi: “Le persone senza fissa dimora sono prevalentemente uomini, gli uomini commettono più suicidi, gli uomini fanno i lavori più duri. Nella sfera pubblica si può tranquillamente parlare di vecchi uomini bianchi, anche se questo è un termine sessista e ‘ageista’”
Ma cosa dovrebbe cambiare perché la parità di genere funzioni meglio? Quando si tratta di questa domanda, il sistema delle quote è il più grande punto di contestazione nella comunità del “Dialogo”. Alcuni utenti ritengono che non funzionerebbe senza di loro: “Lo abbiamo imparato nel corso dei decenni”. Altri, invece, sostengono che le quote sono solo un modo per combattere i sintomi: “Se avessimo pari diritti, non ci sarebbe bisogno di questi programmi, uomini e donne sarebbero pagati in base alle loro prestazioni e alla loro esperienza e una donna non sarebbe promossa per una quota. Dobbiamo andare nel mondo con la mentalità che tutti sono uguali, indipendentemente dal sesso, dalla nazionalità e dall’età. Ma questo significa che non ci si può presentare sempre come una vittima che deve fare qualcosa”
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