Una flotta di bus elettrici circola per le trafficate strade di Bangkok. I mezzi vengono finanziati dalla Svizzera, nel quadro dell’Accordo di Parigi, nel primo progetto al mondo approvato per lo scambio di emissioni. Questo significa che le emissioni di gas vengono ridotte in Thailandia e la Confederazione in cambio riceve crediti carbonio, per raggiungere gli obbiettivi sulle emissioni che si è fissata per il 2030.
Il progetto è però stato più volte criticato, per presunte violazioni dei diritti dei lavoratori impiegati dall’azienda thailandese che produce i bus.
Le accuse contro il progetto svizzero in Thailandia (SRF 4, 25.10.2024)
Uno dei dipendenti, lo scorso anno, si era impegnato con alcuni colleghi per fondare un sindacato, del quale avrebbe voluto diventare presidente. Il giorno dell’assemblea è però arrivato la brutta sorpresa.
L’uomo è stato convocato nell’ufficio del suo supervisore, che lo ha informato del suo licenziamento e del divieto di accedere all’azienda.
L’accusa era di essere stato malato troppo spesso, che il diretto interessato respinge come un mero pretesto dell’impresa “Absolute Assembly” per liberarsi di lui. Poco dopo è stato licenziato un altro dipendente, anche lui membro fondatore del sindacato.
David Welsh, dell’organizzazione internazionale dei lavoratori Solidarity Center, basata negli Stati Uniti, si dice deluso: “Invece di intavolare delle trattative serie, la dirigenza del sindacato è stata licenziata”. Inoltre, ai dipendenti venivano promessi dei benefici se non si fossero iscritti al sindacato.
Larey Yoopensuk, dell’associazione sindacale thailandese “TEAM”, sottolinea che l’azienda ha minato la crescita del sindacato, il cui potere negoziale è limitato a causa dello scarso numero di aderenti. Solo circa il 10% dei membri originari è rimasto nel sindacato.
L’azienda respinge le accuse
La società madre di “Absolute Assembly”, “Energy Absolute”, in risposta alle accuse scrive che l’azienda rispetta le leggi e i regolamenti thailandesi e che non ha violato il dipendenti di aderire al sindacato. Sostiene che le parti abbiano trovato una soluzione vantaggiosa e soddisfacente.
Georg Leutert dell’associazione sindacale internazionale “IndustriALL” è di opinione diversa. Purtroppo, ritiene però non ci sia nulla da fare. “IndustriALL si è già rivolta alla Confederazione l’anno scorso chiedendo di intervenire presso il datore di lavoro”. L’azienda risponde solo alle pressioni internazionali, afferma Leutert.
Scarso interesse degli investitori
Purtroppo, secondo Leutert, l’esperienza insegna che gli investitori internazionali molto spesso non guardano con attenzione ai diritti dei lavoratori e dei sindacati.
Nell’ambito dell’Accordo sul clima di Parigi, tuttavia, ritiene che i partner stranieri abbiano la responsabilità di garantire il rispetto delle norme sul lavoro.
L’UFAM risponde alle critiche
L’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), che autorizza e supervisiona il progetto, in risposta alle critiche dei sindacati, ha dichiarato che sta prendendo molto sul serio le critiche e che indagherà sulle ultime informazioni. Se verranno riscontrate violazioni dei diritti umani, prenderà provvedimenti o addirittura interromperà il progetto.
Inoltre, revisori indipendenti valuterebbero il progetto in loco più volte all’anno per verificare il rispetto delle leggi vigenti. Questi dati verrebbero poi inseriti in un rapporto, che a sua volta verrebbe esaminato da esperti tailandesi e svizzeri.
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