Inchiesta

Far timbrare per andare al bagno è legale

Il Tribunale cantonale di Neuchâtel dà ragione a una ditta orologiera che scala le pause toilette del personale dal tempo di lavoro

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RG 07.00 del 08.10.2024: il servizio di Lucia Mottini

RSI Info 08.10.2024, 08:30

  • Keystone
Di: Fabiano Citroni (RTS)/sf 

Far timbrare i dipendenti e scalare dal tempo di lavoro le loro pause al bagno è legale: per la prima volta un tribunale in Svizzera si è pronunciato sulla questione, come ha rivelato un’inchiesta della RTS.

L’inchiesta della RTS (19h30, 06.10.2024)

Tutto parte da un controllo legato alla pandemia fatto nel 2021. L’ispettorato del lavoro di Neuchâtel constata che Jean Singer & Cie, che fabbrica quadranti per orologi, impone ai dipendenti di timbrare quando fanno una pausa per andare al bagno.

Secondo l’ispettorato, sulla base del parere della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), questo obbligo non rispetta i principi della Legge federale sul lavoro. Nel gennaio del 2022 chiede quindi alla ditta di Boudry di cambiare questa pratica e di informarlo sulle misure prese. L’azienda non è però d’accordo e un mese più tardi fa sapere che non avrebbe dato seguito alle richieste.

I toni si alzano e nell’aprile del 2022 l’ispettorato vieta per iscritto all’impresa di imporre di timbrare per andare alla toilette. Nella decisione precisa che “le interruzioni di lavoro legate a bisogni fisiologici non possono essere considerate come pause” dato che non hanno come scopo il recupero. Agli occhi dell’autorità, l’obbligo di timbrare potrebbe “incitare il personale a trattenersi o non idratarsi, il che potrebbe portare a gravi problemi fisiologici”.

Una lacuna nella legge

Jean Singer & Cie si oppone a questa decisione al dipartimento cantonale competente. Secondo la ditta la nozione di pausa si definisce come “interruzione del lavoro necessaria per ragioni fisiologiche che serve a nutrirsi, rilassarsi e permette di raccogliere le forze”. Precisa che il sistema di timbratura non permette di conoscere il motivo dell’interruzione del lavoro e che l’obbligo di rispetto dell’integrità personale dei lavoratori non è quindi violato.

Gli argomenti non convincono il dipartimento, che nel gennaio 2024 respinge il ricorso, ritenendo che andare in bagno debba essere considerato parte dell’orario di lavoro.

L’azienda ha allora deciso di portare la questione davanti alla giustizia. Una scommessa vincente: il Tribunale amministrativo cantonale neocastellano ha infatti dato ragione all’impresa. È la prima volta in Svizzera che un tribunale si pronuncia sulla questione.

Nella sentenza, la Corte rileva che “la nozione di pausa non è chiaramente definita dalla legge. Il legislatore non ha fornito una soluzione chiara in materia [...] Si tratta di una vera e propria lacuna, nel senso che il legislatore si è astenuto dal risolvere la questione quando avrebbe dovuto farlo”.

Donne discriminate?

Per i giudici, la legge non vieta quindi espressamente di scalare le pause per il bagno dal tempo di lavoro. C’è però un 2ma”: il tribunale ritiene che l’obbligo di timbrare discrimini le donne. “Sono confrontate con il ciclo mestruale, che inizia con le mestruazioni. Questo fenomeno fisiologico richiede il rispetto di norme igieniche di base e, di conseguenza, dei passaggi più frequenti, o più lunghi, al bagno”. Il tribunale chiede quindi all’azienda di mettere in atto delle misure per ridurre queste disuguaglianze.

Florence Meter, consigliera di Stato responsabile del lavoro, prende atto della decisione, senza nascondere la sua preoccupazione: “Spero che questa sentenza non abbia un effetto a catena in altre aziende che potrebbero essere tentate di adottare queste pratiche. Sarebbe un segnale molto particolare per i dipendenti”.

Impiegati cronometrati

Una preoccupazione condivisa dalla sindacalista Solenn Ochsner, responsabile del settore industria per Unia Neuchâtel. “Altre problematiche ci vengono segnalate regolarmente. Penso in particolare al fatto di essere cronometrati quando si va al bagno, per vedere quanto ci si mette, o di dover portare un certificato medico quando il manager ritiene che si vada alla toilette troppo spesso in una giornata di lavoro”.

Vuoto giuridico da colmare

Contattata, anche la SECO prende atto della decisione del tribunale, ma ribadisce la sua posizione, secondo la quale “una misura che sottoponga i dipendenti al pieno controllo del loro operato all’interno dell’azienda non è di per sé compatibile con il rispetto del principio dell’integrità personale dei lavoratori”.

Swatch Group fa marcia indietro

Nel quadro della sua inchiesta, RTS ha identificato tra altre imprese con sede a La Chaux-de-Fonds che obbligano i dipendenti a timbrare quando vanno al bagno. Si tratta di Sellita, Universo e Rubattel & Weyermann, che non hanno voluto rispondere alle domande della RTS.

Le ultime due appartengono allo Swatch Group che, contattato, ha risposto che “questi due casi particolari e isolati non corrispondono affatto alle pratiche del gruppo. In tutte le altre società del gruppo non è prevista la timbratura per andare in bagno. Adegueremo immediatamente la situazione di queste due unità agli standard del gruppo. Le due società in questione sono state informate”.

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