Sei miliardi iniettati nelle casse della Confederazione e dei Cantoni nel 2022. Altrettanti nel 2021. Quattro miliardi nel 2020. Negli ultimi tre anni, grazie agli ingenti utili ottenuti, la Banca nazionale svizzera (BNS) è stata in grado alimentare i bilanci pubblici con una quantità di denaro come mai in precedenza. Più affidabile di un bancomat.
In 30 anni al Ticino 1'670 milioni
Dopo tanta euforia, la quasi certa riduzione a zero del flusso nel 2023 rischia di mandare se non in astinenza, sicuramente in profondo rosso, i conti di chi su quel denaro faceva parecchio affidamento. Tra questi il Ticino, che quest’anno ha incassato dalla BNS 162,6 milioni di franchi frutto dell'utile 2021 (25,6 milioni in più rispetto ai 137 milioni messi a preventivo nel 2022). Ciò che corrisponde, in un solo anno, a quasi il 10% di quanto il Cantone ha ricevuto dalla BNS dal 1993 al 2022: circa 1’670 milioni di franchi. In trent’anni era accaduto solo una volta che Confederazione e Cantoni non ricevessero nulla. Ma la quota non versata dalla BNS nel 2014 (quando la distribuzione dell’utile fu sospesa) venne recuperata con un versamento raddoppiato nel 2015. In quasi tre decenni i versamenti complessivi da utili e dividendi hanno raggiunto la cifra di oltre 60,12 miliardi di franchi. La curva, come mostra il grafico qui sotto, ha subito una forte accelerazione negli ultimi anni. E anche per questo, la frenata fa più male.
Tornando al presente, al Canton Ticino verranno verosimilmente a mancare 137 milioni nel preventivo 2023 da poco approvato dal Gran Consiglio. Di conseguenza il deficit previsto di 80 milioni rischia di sforare abbondantemente quota 200 milioni. "È irrealistico pensare che si possa compensare in pochi mesi un importo di 137 milioni", ha commentato ai microfoni della RSI il direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia, Christian Vitta.
Niente utile, niente distribuzione
La certezza della chiusura totale dei rubinetti della BNS ci sarà solo una volta pubblicati i risultati annuali, ma il presidente della Direzione generale della banca centrale elvetica, Thomas Jordan, ha dichiarato alla SRF che "ci vorrebbe quasi un miracolo per ottenere un risultato positivo”. La convenzione sulla distribuzione dell’utile 2020-25 mette infatti in stretta relazione l’ammontare della cifra distribuita alla Confederazione e ai Cantoni con l’utile di bilancio. L’importo massimo di 6 miliardi viene ripartito solo se l’utile è pari ad almeno 40 miliardi di franchi. Se quest’ultimo è compreso tra 30 e 40 miliardi, vengono versati 5 miliardi. Tra i 20 e i 30 miliardi, ne vengono distribuiti 4. E così via, si scende sino alla ripartizione massima di 2 miliardi quando l’utile di bilancio è inferiore a 10 miliardi. Nel caso di perdita di bilancio, eventualità ormai quasi certa quest'anno, non vi è invece alcuna distribuzione.
Thomas Jordan, presidente del direttorio della Banca nazionale svizzera
È quanto ormai anticipano da mesi i rapporti intermedi sinora pubblicati. Nel primo trimestre, al 31 marzo, la Banca nazionale svizzera ha registrato una perdita di 32,8 miliardi di franchi, a incidere il fatto che "la perdita sulle posizioni in valuta estera si è situata a 36,8 miliardi di franchi". La situazione è quindi fortemente peggiorata nei mesi seguenti: il primo semestre, al 30 giugno, annunciava una perdita di 95,2 miliardi. A zavorrare i conti sempre le perdite sulla valuta estera. Infine, l’ultimo rapporto del 30 settembre che indica per i primi tre trimestri una perdita di 142,4 miliardi di franchi (di cui 141 sulle posizioni in valuta estera).
Precedenza agli accantonamenti
"La realizzazione di un utile - ha più volte sottolineato in questi mesi il presidente Jordan - non è, comunque, l’obiettivo della BNS". La Legge sulla Banca nazionale è chiara a tal proposito e prescrive come "obiettivo l’attuazione di una politica monetaria che garantisca la stabilità dei prezzi tenendo conto dell’evoluzione congiunturale, non quello di conseguire un utile o rendere possibile una sua distribuzione". Ad avere la preminenza è quindi sempre il mandato di politica monetaria, per l'attuazione del quale la BNS alimenta degli accantonamenti che riducono giocoforza la potenziale distribuzione dell'utile.
Negli anni la regola per l’assegnazione degli accantonamenti per le riserve monetarie è stata più volte adeguata. Dal 2020 è stata innalzata e fissata un’attribuzione minima annua pari al 10% della consistenza corrente degli accantonamenti.
La distribuzione dell'utile è interamente sospesa, come sembra nello scenario imminente, se, dopo la costituzione degli accantonamenti per le riserve monetarie, la riserva per future ripartizioni non presenta un saldo positivo. Salvo "miracoli", che la stessa direzione della BNS al momento non vede, la perdita di quest’anno supererà abbondantemente tale riserva che nel gennaio 2022 risultava di 102 miliardi di franchi.
Chi ha ricevuto di più e chi di meno
Negli ultimi trent’anni, come detto, il Ticino ha incassato dalla BNS 1'670 milioni di franchi. La chiave di ripartizione fra i Cantoni avviene in base alla popolazione residente e sull’impiego dei fondi la Banca nazionale non ha alcun influsso. In testa alla classifica dei maggiori beneficiari si trovano dunque i Cantoni più popolosi: dal 1993 al 2022 nelle casse del Canton Zurigo sono confluiti 6'090 milioni di franchi; in quelle di Berna 5'544 milioni; a seguire Vaud 3'430 milioni; Argovia 2'877 milioni; San Gallo 2'415 milioni. In coda, Obvaldo (249), Uri (218), Glarona (203) e Nidvaldo (184).
BNS: nessun utile ai Cantoni
Telegiornale 17.12.2022, 20:00
Niente utili dalla BNS, è profondo rosso
Il Quotidiano 17.12.2022, 19:00