L’Iran ha attaccato Israele, scagliando centinaia tra droni e missili: mai la Repubblica islamica aveva lanciato un’operazione diretta contro lo Stato ebraico, appoggiandosi invece finora ad alleati come per esempio gli Hezbollah libanesi. Un cambio di passo che, tuttavia, non va enfatizzato troppo, sostiene il professor Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica e di Cultura e civiltà del Medio Oriente all’Università Cattolica di Milano. “Cambiano alcune cose: il primo fattore – spiega l’esperto ai microfoni del Radiogiornale – è che l’Iran, che è stato colpito più volte sul suo suolo e altrove, come è successo con l’ultimo attacco contro una sua sede diplomatica in Siria, ha ritenuto di dover reagire, per dimostrare di non aver incassato passivamente, decidendo di dare una dimostrazione con un attacco diretto che partisse proprio dal suo territorio. Questa tipologia d’attacco presentava però degli svantaggi: i droni iraniani, per la maggior parte gli Shahed, sono molto lenti e facilmente intercettabili. Ma il significato dell’attacco di ieri è simbolico per dimostrare di aver agito direttamente”.
Cambio nella leadership militare iraniana
Secondo il professore, quindi, si assiste a un cambio sistemico nella leadership militare iraniana: prima si usava quello che il generale Soleimani (ucciso per rappresaglia in un attacco con drone statunitense sull’aeroporto internazionale di Baghdad, ndr.) chiamava “il cerchio di fuoco attorno a Israele”, usando milizie dalla Siria, dal Libano, dallo Yemen e dall’Iraq ma mai, ricorda Redaelli, “direttamente dall’Iran”.
L’attacco diretto di sabato sera potrebbe essere l’inizio di un’escalation? “Speriamo di no, tutto dipende da Israele: questo attacco, per quanto quantitativamente ingente in termini di droni e missili lanciati, era non solo annunciato ma in pratica l’Iran lo ha lanciato quando tutte le forze di difesa dello Stato ebraico erano già ben predisposte. Inoltre, sono intervenuti gli americani, i britannici, i francesi… Era quindi ovvio attendersi che la quasi totalità dei missili e dei droni sarebbero stati abbattuti”.
Riccardo Redaelli, professore all'Università Cattolica di Milano
L’evolversi della situazione dipende da Tel Aviv
L’Iran, sottolinea il professore, “ha detto che la faccenda è conclusa. Gli americani hanno già detto che non parteciperanno a un controattacco. Le diplomazie del mondo e le monarchie arabe, che avrebbero molto da perdere da un allargamento del conflitto, mi sembrano attive nell’invitare alla calma”.
L’evolversi della situazione “dipende da Israele: se darà il via a una reazione molto forte, questo starà a significare che Netanyahu vuole un allargamento del conflitto. Se invece Israele non reagirà, il premier guadagnerà di nuovo un consenso che aveva perso completamente: non dimentichiamoci che fino all’attacco iraniano, le relazioni fra Washington e Tel Aviv erano ai minimi storici”.
Le pressioni degli Stati Uniti sullo Stato ebraico, sostiene ancora il professor Redaelli, continueranno: “Le relazioni fra il presidente Biden e il primo ministro Netanyahu sono pessime e quest’ultimo sa che quando finirà la guerra (a Gaza, ndr.) la sua carriera politica probabilmente finirà. Bisognerà vedere quanto il premier israeliano vorrà proseguire nella guerra: la verità infatti è che una de-escalation in Medio Oriente la si avrà solamente con una tregua duratura a Gaza, altrimenti tutta la regione sarà sempre sull’orlo di uno scivolamento in avanti pericoloso”.
Israele, le opposizioni in piazza
Telegiornale 14.04.2024, 12:30
Netanyahu barricato nella sua roccaforte con gli ultraconservatori
Chi, allo stato attuale, in Israele potrà avere un’influenza sull’opinione di Netanyahu? “Le forze di sicurezza, l’Intelligence e parte del Consiglio di guerra. Ma mi sembra che Netanyahu sia in questo momento molto chiuso nella sua roccaforte con gli ultraconservatori, che sono soprattutto legati a un’immagini biblica di Israele. Questo può portare a una volontà di rispondere duramente all’Iran. Speriamo di no. Non dimentichiamoci inoltre che buona parte della società israeliana sta scendendo in piazza per chiedere una tregua e l’allontanamento di Netanyahu”.
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