Guerra in Ucraina

“C’è speranza”: cosa pensano gli ucraini dei negoziati

La maggior parte è favorevole a trattare per mettere fine al conflitto, non tutti sono disposti ad accettare le medesime condizioni - IL REPORTAGE

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Cosa pensano gli ucraini dei negoziati - IL REPORTAGE

Davide Maria De Luca e Lorenzo Sassi 15.02.2025, 11:25

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  • Davide Maria De Luca e Lorenzo Sassi
Di: Davide Maria De Luca e Lorenzo Sassi (da Kiev) 

I negoziati sull’Ucraina sono iniziati e procedono rapidamente. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha parlato con il suo omologo russo, Vladimir Putin, e i due hanno deciso di incontrarsi in Arabia Saudita. Nel frattempo, delegazioni ucraine, americane ed europee continuano a riunirsi.

La maggioranza degli ucraini sostiene queste trattative. Secondo la maggior parte dei sondaggi, oltre metà della popolazione è favorevole a negoziati che portino a una rapida fine della guerra.

“C’è speranza”, dice Oleh Piven, uno psicologo che offre assistenza gratuita nei villaggi dell’Ucraina orientale. “Le persone ascoltano Trump e l’Unione Europea e sperano. Vogliono che il conflitto finisca”.

Siamo a Berestyn, un villaggio a un paio d’ore da Kharkiv, nell’Ucraina orientale. Lontano dal fronte e risparmiato dalle distruzioni peggiori, Berestyn ha visto la sua popolazione raddoppiare con l’arrivo dei profughi.

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Ci sono villaggi abbandonati e altri dove la popolazione è raddoppiata con l'arrivo dei profughi

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L’unica assistenza medica che ricevono è quella fornita dai medici finanziati dall’ONG italiana Sole Terre. La squadra, spiega Daniele Bordoli, cooperante di Sole Terre in Ucraina da un anno, è composta da assistenti sociali, medici e infermieri. Arrivano qui ogni 4-6 settimane per offrire assistenza medica di base in un villaggio dove, senza di loro, abitanti e rifugiati dalle zone del fronte non avrebbero alcun tipo di cure.

Petro, uno dei pazienti dello psicologo Piven, ci invita a casa sua. Ex massaggiatore di 86 anni, dopo aver lavorato negli alberghi di lusso di Odessa, si è ritirato nelle campagne di Kharkiv. Ma le sue due figlie vivono ancora in città, sotto i bombardamenti. A ogni allarme aereo, devono correre nella metropolitana con le sue tre nipoti.

Sui negoziati, Petro dice che la politica è una questione complicata, su cui persone semplici come lui faticano ad avere un’opinione. Alla fine, spera solo che, qualunque sia l’esito, Kharkiv rimanga in Ucraina. E ringrazia americani ed europei per l’aiuto dato al suo Paese.

Ci spostiamo a Kamianka, un villaggio a poche decine di chilometri dal fronte, dove incontriamo Tatyana Grusha, che ha vissuto qui con il marito e il figlio per tutto il conflitto, compresi i mesi dell’occupazione russa nel 2022.

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Tatyana non se ne è mai andata, nemmeno durante l'occupazione russa

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Nei combattimenti per la liberazione, Kamianka è stata completamente distrutta. Nessuno dei suoi familiari è rimasto ferito, ma Tatyana non ha avuto la stessa fortuna. Ci accoglie nella sua casa, seduta in poltrona, con le mani sopra un tutore metallico: alla fine della scorsa estate è saltata su una mina mentre andava a prendere acqua in un torrente vicino casa. Solo da poche settimane ha ricominciato a camminare.

A Kamianka la ricostruzione non è ancora iniziata e forse non inizierà mai. Soltanto una mezza dozzina di famiglie vive ancora nel villaggio, gli altri sono tutti fuggiti. Ma almeno, da qualche mese, è tornata la corrente elettrica. Grazie a questa, Tetyana e i suoi possono restare in contatto con il mondo.

Tatyana racconta di controllare i notiziari sul telefono almeno una volta all’ora. Le trattative di questi giorni le danno speranza. Anzi, dice che lei e la sua famiglia vogliono credere che ci sia una speranza. Ma per ora, l’unica cosa da fare è aspettare.

La maggioranza degli ucraini vuole la pace, ma non tutti sono disposti ad accettare le stesse condizioni per ottenerla. Molti temono che, qualunque sia l’esito delle trattative, per Putin sarà solo una pausa prima di una nuova aggressione.

Anche per questo circa un terzo della popolazione ritiene che non sia ancora il momento di negoziare. Si tratta per lo più di ucraini pro-europei, di classe media, istruiti e residenti nelle grandi città, come la capitale Kiev.

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