ANALISI

Verso negoziati per la pace in Ucraina: ma da dove si parte?

Le posizioni in campo, dopo il colloquio Trump-Putin: fra la Russia in vantaggio sul terreno, Kiev sulla difensiva e il ruolo determinante degli USA

  • Oggi, 13:36
  • 2 ore fa
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I nuovi orientamenti dell'amministrazione Trump stanno ormai fortemente incidendo sulle dinamiche del conflitto

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Di: Stefano Grazioli 

Il contatto diretto tra Vladimir Putin e Donald Trump, annunciato nelle scorse settimane e preceduto da vari rumors, ha dato un’accelerazione non certo improvvisa alla possibilità del dialogo concreto tra Russia e Stati Uniti per la risoluzione del conflitto in Ucraina. L’invasione dell’ex repubblica sovietica cominciata su larga scala nel 2022 non è solo una guerra tra Mosca e Kiev, ma Washington è direttamente coinvolta: senza il supporto finanziario e militare degli Stati Uniti e della NATO, alleanza guidata nella sostanza dagli USA, l’Ucraina non avrebbe potuto né prepararsi, sin dal 2014, anno d’avvio della prima guerra nel Donbass, né resistere all’aggressione su larga scala iniziata tre anni fa. Il presidente ucraino Volodymr Zelensky è stato ed è dipendente in toto dalle decisioni della Casa Bianca, per cui è chiaro che ogni tipo di negoziato tra Mosca e Kiev debba passare per Washington: non è questa una novità.

Dopo quasi 36 mesi di combattimenti si è aperto dunque uno spiraglio in vista di eventuali trattative, sulle quali il potere contrattuale dell’Ucraina è limitato, sia per la ragione della subordinazione agli Stati Uniti, sia per la situazione attuale sul terreno, che vede Kiev in grave difficoltà su tutta la linea del fronte, soprattutto nel Donbass, con prospettive di ribaltare il quadro, almeno sul breve periodo, praticamente inesistenti. In vista quindi di colloqui diretti e dettagliati tra tutte le parti coinvolte, dove le decisioni saranno prese da Russia e Stati Uniti, con l’Ucraina senza molta voce in capitolo e l’Unione Europea a fare da spettatrice, è quantomeno possibile delineare i rapporti di forza e le aspettative reali.

Il vantaggio di Putin

Qualche giorno fa il presidente russo ha dichiarato che le condizioni di pace non le dettano i perdenti. E al momento è il Cremlino che sta vincendo questa guerra: la Russia ha occupato, sin dal 2014, circa un quinto del territorio dell’Ucraina e nel 2024 ha allargato il perimetro delle regioni controllate, soprattutto nel Donbass. Le prospettive nel caso di un prolungamento del conflitto sul breve e medio periodo, in assenza di cambiamenti trascendentali nei rapporti di forza nel contesto delle caratteristiche di attrito e logoramento, sono favorevoli a Mosca, che negli ultimi mesi ha accelerato la progressione verso ovest e le truppe russe sono arrivate ai confini della regione di Dnipro.

D’altro canto è vero che la guerra, esistenziale per il sistema putiniano e per la Russia stessa, secondo il Cremlino, ha costi non indifferenti per il paese, sia dal punto di vista economico che sociale. È per questo che il presidente russo, dalla posizione comunque di vantaggio, ma desiderose di allargare la morsa delle sanzioni, è disposto al dialogo, partendo ovviamente dalle condizioni e dalle richieste già espresse in passato: in primo luogo il riconoscimento dei territori occupati e soprattutto la prospettiva dell’Ucraina demilitarizzata e fuori dalla NATO. Il non allineamento di Kiev nei futuri equilibri continentali è però una condizione sine qua non per Mosca, disposta probabilmente a tollerare un avvicinamento ulteriore dell’Ucraina all’Unione Europea.

Zelensky all’angolo

Molto differente è la posizione dell’Ucraina, con Zelensky che negli ultimi due anni è dovuto passare dall’obbiettivo di riconquistare Crimea e Donbass all’offerta delle terre rare agli Stati Uniti in cambio della fine del conflitto. Dalla controffensiva del 2023, fallita prima ancora di cominciare, al disastro dell’operazione di Kursk del 2024, trasformatasi in una trappola, nonostante la narrazione del presidente ucraino e l’ipotesi dello scambio di territori con la Russia, le perdite territoriali sono aumentate: l’andamento negativo della guerra ha evidenziato sia i problemi militari, tra mancanza di risorse e strategia, sia quelli politici, con il calo verticale del consenso per lo stesso Zelensky. La popolarità del capo di Stato è scesa all’inizio del 2025 ai minimi storici, con oltre metà degli ucraini disposta al compromesso con la Russia e alla cessione di territori pur di far finire la guerra. Fondamentali per l’Ucraina saranno le garanzie di sicurezza postbelliche che dovranno essere condivise fra tutti gli attori in campo.

Compromessi al ribasso?

In caso di colloqui a breve termine, le carte in mano a Kiev sono dunque davvero poche e al tavolo dei negoziati sarà dunque Washington a condurre le mani: il disimpegno statunitense, già cominciato sotto l’amministrazione di Joe Biden, al di là delle retorica, è fonte di preoccupazione per l’Ucraina e anche per l’Unione Europea, che temono compromessi al ribasso. In ogni caso, se le linee generali verso la possibile pacificazione potranno essere tracciate con relativa facilità e anche in breve tempo, in base appunto ai rapporti di forza attuali, il percorso verso la definitiva risoluzione del conflitto sarà lungo e irto di ostacoli, tra i molti dettagli da definire. Quel che è certo è che in questa fase le spinte verso un accordo sono forti come mai si è visto dall’inizio del conflitto e gli spazi di manovra in cui si possono infilare Putin e Trump possono essere sufficienti per raggiungere un’intesa. Salvo imprevisti e colpi di coda da parte di chi, da un lato e dall’altro vuole intorpidire le acque e proseguire il duello.  

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