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“Contro Putin serve una deterrenza credibile”

Il professore di relazioni internazionali Vittorio Emanuele Parsi, a 60 minuti, commenta l’ipotesi di un “ritiro” USA dalla questione Ucraina

  • 5 marzo, 05:38
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Un sistema missilistico di difesa aerea Patriot della NATO (foto d'archivio)

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Di: 60 minuti/RSI Info

“Noi, come europei, dovremmo innanzitutto usare questi 10 o 11 mesi (quelli che ci separano dalle presidenziali USA di novembre, ndr), per metterci il più possibile - come ha sottolineato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen - nella condizione di produrre sufficienti munizionamenti ed equipaggiamenti per poterci difendere. Il vero problema grosso di una caduta dell’Ucraina è che ci metterebbe di fronte a un contatto diretto con la Russia. E a quel punto Putin non ha fatto mistero di quelle che sarebbero le sue intenzioni. Sta già minacciando la Moldavia, sta già minacciando le Repubbliche Baltiche (che sono Paesi membri della NATO e dell’UE), ma se UE e NATO non hanno una deterrenza credibile, che non sia solo quella nucleare, allora a quel punto diventa tutto molto complicato e il futuro dell’Europa si fa estremamente incerto”.  Così Vittorio Emanuele Parsi, professore di relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano e all’Università della Svizzera italiana, ospite lunedì sera a 60 minuti, ha risposto alla domanda di Reto Ceschi sull’ipotesi di un “ritiro” USA dalla questione Ucraina nel caso di una vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane di novembre. “Se questo dovesse accadere l’Europa avrebbe innanzitutto un problema enorme, quello di provvedere alla propria difesa, non potendo contare in maniera così certa al 100% di un sostegno americano in caso di incremento della tensione con la Russia. Sarebbe sempre un incremento “a foglia di carciofo”, con minacce portate su posizioni puntuali in cui ogni volta viene minacciata la guerra totale o la resa”, ha sottolineato Parsi.

Il presidente francese Macron, qualche giorno fa, ha detto, a proposito di invio di truppe occidentali in Ucraina, che nulla è escluso. Ci sono state reazioni abbastanza vibranti da Washington e da Berlino in particolare. Sono reazioni di facciata?

“No. Penso che siano reazioni legate al fatto che Macron ha detto qualcosa che avrebbe avuto un senso nell’imminenza dello scoppio del conflitto, oltre due anni fa, ma che dette adesso e in solitaria rischiano di creare confusione e di dare spazio a chi vede, in qualunque sostegno all’Ucraina, una possibilità di escalation”.

Putin, in tutta risposta, ha detto che il conflitto con la NATO sarebbe inevitabile se quest’ultima inviasse truppe in Ucraina. Inevitabile, sembra una sentenza…

“È chiaro che se noi dovessimo mandare delle truppe combattenti in Ucraina, inevitabilmente ci spareremmo addosso con i russi e quindi sarebbe uno stato di guerra oggettivo. Diverso è se noi inviamo truppe nelle retrovie, (truppe nel senso di tecnici in grado magari di facilitare la logistica o istruttori in grado di mettere gli ucraini in condizione di utilizzare gli armamenti in maniera più rapida). Sono tutte iniziative che se fossero state intraprese due anni fa avrebbero portato una soluzione diversa. Oggi, tutto sommato, mi sembra che il punto centrale sia quello che dice l’esperto di analisi strategiche ed ex generale, Vincenzo Camporini: provvedere rapidamente a fornire di armi e munizioni (oltre che di forza aerea) soprattutto gli ucraini. I famosi F-16 prima o poi dovranno arrivare e si dice che in settembre potrebbero essere operativi”.

Tutti i Paesi si armano, siamo di fronte a quello che si può definire un riarmo generalizzato. Le spese militari crescono (o i Governi sono intenzionati a farle crescere)… Più armi per un mondo ancora meno sicuro oppure no?

“È come per i vaccini... Noi spendiamo in vaccini, spendiamo in istruzione... In questo momento la Russia ci ha trascinato nuovamente in uno scenario che non desideravamo, in cui è necessario dotarsi di strumenti per fare in modo che la sicurezza delle nostre Istituzioni democratiche sia garantita da minacce esterne che non sono vocali e basta, ma che sono concretamente in campo da almeno due anni (ma potremmo dire da 10 anni) in Ucraina“.

60 Minuti del 04.03.24, gli USA e la questione ucraina

RSI New Articles 04.03.2024, 23:42

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