“I’m one of them. I’m one of them”, risponde così, lo dice due volte mentre scansa dei clienti alla bancarella coi ritratti dell’ex segretario generale di Hezbollah, nella periferia sud di Beirut, e avanza con uno sguardo aperto e dritto che parrebbe quasi un po’ di sfida se non avesse gli occhi liquidi di un male che non passa.
“È vero, c’è chi crede che Hassan Nasrallah sia ancora vivo e io sono uno di loro”, dice, ma Ali non ha intenzione di difendere una tesi incredibile. Non vuol parlare di morti inscenate o seconde vite in latitanza chissà dove. In realtà, vuole solo darsi tempo. E sfogarsi. “Mi hanno messo al mondo che lui c’era già. È sempre stato qui per noi”, racconta ai microfoni della RSI. “Siamo cresciuti con le sue parole, la voce di Nasrallah è nel nostro subconscio, non voglio credere che sia morto”.
Il luogo del suo nascondiglio bombardato in settembre è diventato luogo di pellegrinaggio. Si scava ancora fra le macerie
Il nascondiglio in cui si nascondeva il leader del partito, che molti Paesi hanno messo sulla lista dei gruppi terroristici, è stato bombardato il 27 settembre 2024. Oggi è un luogo di pellegrinaggio che non si svuota mai. Stanno pulendo le macerie, riempiendo voragini ma non quelle interne dei suoi fedelissimi, che si sentono orfani.
Il corpo di Nasrallah è stato ritrovato poco dopo l’attentato, ma non lo ha visto nessuno. I vertici di Hezbollah hanno detto che era integro. Senza un graffio. Alimentando così il mito di un personaggio chiave negli eventi degli ultimi anni in Libano, un Paese che non conosce pace e che, anche se il cessate il fuoco con Israele è stato prolungato, si trova di nuovo sul bordo del precipizio.
La figura del leader di Hezbollah ucciso da Israele è onnipresente
“Hassan Nasrallah parlava col cuore e aveva un carisma unico. Il suo successore Naim Qassim è diverso, ma abbiamo fiducia in lui”, commenta un altro suo sostenitore che aggiunge “ci porterà alla vittoria. Se Israele non se ne andrà dal sud del Paese, torneremo a combattere. Non abbiamo paura”.
Al di là dell’immenso buco lasciato dalle bombe, immobile, c’è Rana. “Abito lontano, ma vengo qui quasi tutti i giorni e mi fa stare meglio, mi sento più connessa con lui. Forse è andato via, forse non è veramente morto”, dice la giovane sciita a cui trema la voce. Non vuole crederci, eppure dice di raccogliere sempre un po’ di terra da portare a casa. “Se davvero c’è il suo sangue, allora è una terra benedetta. Non importa cosa succederà, perché lui ci ha insegnato il sacrificio”.
RG 12.30 del 26.01.2025 La corrispondenza di Naima Chicherio
RSI Info 27.01.2025, 09:01
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