"Era il 1° marzo. Ero uscito per andare a dare da mangiare ai cani, quando improvvisamente mi sono ritrovato con un fucile puntato contro. Mi hanno ordinato di fermarmi e di alzare le mani. Non c’era modo di scappare”. Mykolai, un 53enne che faceva l’autista di camion, inizia così il suo racconto. Lo incontriamo seduto all’ombra di un’albero, sulla via principale di Andriivka, un piccolo villaggio a nord di Kiev, vicino Borodyanka.
Soltanto quattro mesi fa, l’esercito russo aveva occupato questi territori, prima di essere respinto e costretto alla ritirata dai militari ucraini. Dopo la liberazione, qui come nelle altre località di Bucha e Irpin, sono emersi alcuni dei fatti più atroci commessi dall’esercito russo. Tra cui le esecuzioni sommarie di civili, le sparizioni e le detenzioni arbitrarie.
La voce di chi è sopravvissuto alle carceri russe
Telegiornale 05.07.2022, 22:00
“Mi hanno tenuto con le mani legate per sette giorni. Mi hanno prelevato il sangue, mi hanno usato come donatore, finché non sono svenuto. Sono rimasto incosciente per due giorni. Qualche soldato domandava: perché continuate a prelevargli il sangue? Non vedete come è pallido? Ma loro hanno continuato”, ricorda Mykolai.
I soldati che in quei giorni stavano occupando Andriivka sono descritti da Mykolai e da altri abitanti come buriati, ossia russi dai tratti asiatici provenienti da una regione confinante con la Mongolia. Molti di loro, secondo le testimonianze raccolte dalla RSI, hanno devastato le case del villaggio di cui hanno preso possesso durante l’occupazione, tagliando carte da parati e le poltrone, e portando via gli elettrodomestici.
Andriivka è stata liberata dall'esercito ucraino dopo l'occupazione russa
La deportazione
Mykolai è stato tenuto chiuso in una cantina per sette giorni con le mani legate. A causa di ciò ha perso l’uso di una mano. Successivamente, è stato trasferito in Bielorussia: “Lì mi hanno interrogato e picchiato. Avevo il corpo completamente blu per i lividi”, racconta.
Successivamente, lo hanno trasferito in una prigione a Kursk, in Russia. "Lì non mi hanno più toccato perché mi avevano già picchiato abbastanza. Sono stato interrogato da alcuni militari. Però la mia gamba destra ha iniziato a congelarsi. Come vedete è ancora gonfia”, dice, mostrando i segni rimasti sulla caviglia. A Kursk, ricorda, “mi hanno anche costretto a cantare l’inno russo e Katiuscia, l’inno dell’Armata rossa”.
Il ritorno
A cambiare la sorte di Mykolai è stato uno scambio di prigionieri, che gli ha permesso, dopo quasi due mesi di prigionia, di tornare in Ucraina. “Mentre eravamo a Kursk c’è stato lo scambio. Eravamo circa 20 persone. Ci hanno portato a Sebastopoli, in Crimea, in aeroplano, e dopo a Zaporizhzha in auto. Da lì mi hanno trasferito a Novi Sanzhary, nella regione di Poltava, dove sono stato ricoverato in ospedale per curarmi la gamba e ho avuto un nuovo passaporto, perché quello precedente mi era stato sottratto durante la prigionia. Dopo, il sindaco del nostro villaggio è venuto a prendermi in macchina e mi ha riportato a casa”.
Mykolai mostra ciò che è rimasto della sua casa a Andriivka
Mykolai ricorda di aver visto altri prigionieri quando era in Russia: "Non so chi fossero, ma c'erano anche delle donne". Secondo diversi abitanti di Andriivka, decine di persone del villaggio sono scomparse e di loro, quattro mesi dopo, non si hanno ancora notizie.
di Elena Boromeo (inviata RSI in Ucraina)
Immagini: Emilio Romeo