I 27 membri dell'Unione Europea dopo settimane di discussioni hanno trovato lunedì un accordo su un meccanismo di controllo del prezzo del gas, un "price cap" che scatterebbe dopo tre giorni di quotazioni oltre i 180 euro al megawattora. La misura, in vigore dal 15 febbraio del prossimo anno, richiede inoltre che venga superato di almeno 35 dollari anche il prezzo medio a livello internazionale del GNL, il gas liquefatto con cui l'UE sta in parte sostituendo le forniture russe, fortemente ridotte dall'inizio del conflitto in Ucraina.
Si tratta di uno strumento per contenere l'aumento dei prezzi dell'energia, che ha alimentato l'inflazione nel corso di questo 2022. Secondo il premier polacco Tadeusz Morawiecki, il tetto "metterà fine alla manipolazione del mercato da parte di Mosca". I timori di chi ha fatto resistenza, Germania in testa (che alla fine ha votato a favore) ma anche Paesi Bassi e Austria (astenutisi con l'Ungheria), è che il rifiuto di acquistare oltre una determinata soglia possa condurre gli europei a non essere più in grado di accedere a una risorsa comunque necessaria: i fornitori potrebbero preferire clienti asiatici disposti ad allargare maggiormente i cordoni della borsa. Perciò questi Paesi chiedevano condizioni per l'attivazione del meccanismo più severe di quelle ora adottate. Ma se si dovesse concretizzare questa situazione di penuria, il tetto potrà essere levato.
L'annuncio dell'intesa non ha avuto un effetto immediato sul corso del metano sul mercato di riferimento, quello di Amsterdam. Attualmente il megawattora vale circa 110 euro per i contratti con consegna fra un mese, in calo del 5% rispetto a venerdì scorso. Prima della guerra si aggirava sui 70 dollari, ma in estate aveva toccato un picco di 340 e gli analisti si attendono che, dopo un inverno difficile come quello che si prospetta, possa risalire attorno ai 200 quando gli Stati dovranno ricostituire le riserve in primavera.
Ultimo vertice del Consiglio europeo per il 2022
Telegiornale 15.12.2022, 21:00