Un'altra notte di fumi tossici, di montagne e narici invase da nubi di combusto. In provincia di Caserta, questa volta a Santa Maria Capua Vetere, a meno di una settimana da un'altra bomba ecologica andata in fiamme a Marcianise un quarto impianto è stato incendiato, in maniera dolosa. Tutte strutture votata alla lavorazione dei rifiuti.
Lo Stir di Santa Maria aveva al suo interno materiale non riciclabile, pronto e già selezionato per l’inceneritore di Acerra. Ancora una volta le fiamme, a distruggere tonnellate di rifiuti, di fronte a un carcere, sovraffollato, con 980 detenuti a soffocare ed i cittadini dell’area a restare con le finestre chiuse: misura sicuramente non sufficiente.
Il sito è gestito da una società della Provincia di Caserta, la Gisec. I suoi dipendenti hanno dato l’allarme. Il 26 ottobre a Marcianise bruciò il capannone della Lea srl, azienda che pure gestisce rifiuti, a qualche chilometro dallo Stir di Santa Maria Capua Vetere. A settembre ne esplose un altro a Pignataro e ad agosto lo Stir di Casalduni. Poi ancora San Vitaliano, Caivano, Pastorano, Bellona, una lista infinita d’impianti per il trattamento dei rifiuti andati in cenere. Tutti nello stesso fazzoletto di terreno, perché la camorra e l’imprenditoria stanno decidendo così: pianificare una nuova emergenza, aprire un nuovo indotto di soldi. Il ministro dell’ambiente italiano, Sergio Costa, si è recato d’urgenza sui territori. Vuole una task force presente sugli impianti. Costa ha intimato ai criminali di smetterla, perché lo Stato non s’inginocchierà ad una nuova emergenza: "Noi non torniamo indietro e li vogliamo vedere marcire in carcere". Al momento però i fumi continuano a salire in cielo ed i polmoni dei cittadini, dell’ormai stanca terra dei fuochi, a riempirsi di tossicità e rabbia.