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Censura, dalla Cina fino a noi

Bruno Giussani commenta le voci secondo cui Google potrebbe tornare sul mercato cinese, piegandosi ai controlli

  • 3 agosto 2018, 08:01
  • 23 novembre, 00:44
02:05

RG 08.00 del 03.08.2018: l'intervista a Bruno Giussani di Alan Crameri

RSI Info 03.08.2018, 10:00

  • Keystone

Secondo indiscrezioni diffuse da "The Intercept", Google starebbe lavorando ad un'applicazione per poter entrare nel mercato cinese, che il colosso americano aveva abbandonato 8 anni fa per non piegarsi alla censura. In Cina attualmente il principale motore di ricerca è Baidu.

Le quote di mercato in Cina nel 2016

Bruno Giussani, lei che è esperto di comunicazione e direttore europeo della Fondazione TED: si può dire che Google così cederebbe alla tentazione dei soldi, abbandonando i principi?

Quindi non c’è nulla da rimproverare ai dirigenti che guardano alla Cina?

Lei teme per davvero che la censura, passando dalla Cina, arrivi poi anche da noi?

Abbastanza inquietante come prospettiva…

È stata quindi ingenua la nostra società, ad affidare a queste aziende la difesa della libertà d’espressione?

Quindi lei attribuisce la responsabilità al consumatore, cosa ci resta da fare?

Detto in modo aggressivo è proprio così. Google è nato con una buona intenzione: il loro slogan iniziale era "non facciamo nulla di male". Ma naturalmente quello cinese è il mercato più grande del mondo e tutte le aziende tecnologiche occidentali stanno cercando di entrare. Non solo Google, anche Facebook non è presente, ma ora fa di tutto per entrare nel mercato.

C’è sempre da rimproverare, perché i principi sono i principi e spesso sono in contraddizione con le regole del gioco. La tesi di difesa classica è "rispettiamo le leggi del paese dove operiamo", che superficialmente è una difesa accettabile. In realtà questa disponibilità ha varie conseguenze, ad esempio lo sviluppo di software che permettono al Governo di esercitare una censura molto forte. E quando software del genere sono sviluppati per un mercato come quello della Cina, è assolutamente inevitabile che vengano applicati altrove.

Sì, perché non c’è mai stato un pezzo di software al mondo che sia rimasto inutilizzato se funziona per lo scopo per cui è stato creato. Nel caso specifico, lo scopo del Governo cinese è di controllo e sorveglianza. Paesi con scopi simili utilizzeranno sistemi analoghi. Cominciando dai paesi asiatici, poi dal Medio Oriente, e infine potenzialmente anche da noi.

Sì, ma la crescita di internet degli ultimi dieci anni è andata in questa direzione. Facebook, Google e Microsoft han fatto i loro utili su un modello economico totalmente basato sulla sorveglianza dei loro utilizzatori. Certo per fini pubblicitari, ma poi il passo ai fini politici è molto breve.

In realtà non gli abbiamo affidato questo compito, semplicemente hanno sviluppato delle piattaforme che sono diventate lo spazio di dibattito pubblico. Piattaforme private… ma non è stata una scelta dello Stato, è la scelta di ognuno di noi che le usa…

Il primo consiglio sarebbe quello di smettere di utilizzare Facebook e Twitter. Io personalmente non li utilizzo, ma mi rendo conto benissimo che è una scelta drastica e che molte persone hanno un’importante rete sociale e professionale sui social e non ne possono fare a meno. Quindi il secondo consiglio è di utilizzarli con la coscienza del tipo di informazioni che condividiamo… conoscendo in dettaglio le configurazioni dei sistemi e sapendo cosa succede coi nostri dati.


Le quote di mercato in Russia nel 2016

Alan Crameri


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