In Iran a 100 giorni dallo scoppio delle proteste contro il regime di Teheran, non si fermano le contestazioni, nonostante 500 morti - tra cui decine di bambini e minori - molti arresti e le condanne a morte, già eseguite, di due dimostranti.
Facciamo allora il punto su queste rivolte, che non accennano a diminuire. SEIDISERA ha intervistato Nima Baheli, analista geopolitico italo-iraniano.
Queste sono state le proteste più importanti e più lunghe che si sono registrate in questi 40 e passa anni di Repubblica islamica. Ci sono stati precedentemente vari generi di proteste e manifestazioni che hanno visto varie istanze, ma oggi la differenza rispetto al passato è che, con l'uccisione di Mahsa Amini per questioni legate al velo, tutte le varie istanze si sono unite in una unica. Inoltre è stato molto interessante il fatto che è stata trasversale sia alle varie fasce sociali, unendo ceti più abbienti con ceti più popolari, sia alle varie etnie della nazione, e infatti vediamo per la prima volta delle manifestazioni che si dipanano dal Kurdistan alle aree del Mar Caspio, a Teheran, alla parte centrale del Paese e al Belucistan, ma senza - per ora - istanze autonomiste. In più vediamo anche un’intergenerazionalità, sebbene queste proteste siano guidate dalla generazione z.
Però, tutti sembrano compatti nel dire che non si torna più indietro. Che cosa può succedere quindi?
Questa consapevolezza nasce dal fatto che, quantomeno negli ultimi vent'anni, ci sono stati almeno tre-quattro tentativi di riforma interna al sistema. Da Rafsanjani all'inizio degli anni ’90, Khatami a fine anni ’90, poi con l'onda verde dei primi anni 2000 e infine dal 2013 con Rohani e il patto con l'accordo nucleare. Purtroppo tutti questi tentativi di riforma interni al sistema, per un motivo o per l'altro, si sono rivelati fallaci e si è capito che il sistema non è rinnovabile. In questi ultimi vent'anni si è quindi assistito a una forma di radicalizzazione sia da parte della popolazione, sia da parte della leadership del sistema politico che ha portato, per esempio, all’elezione di Raisi con una radicalizzazione interna anche allo stesso sistema.
Ci sarà veramente una rivoluzione che porterà a una modifica di tutto questo assetto? E poi, in una società culturalmente elevata e istruita, come mai c’è questa rigidità sul velo che invece non è presente nel mondo arabo?
La questione del velo in realtà è una questione strumentale e di facciata da parte del regime. Come giustamente dice e come stiamo vedendo anche da queste manifestazioni, la realtà sociale iraniana è molto sviluppata. Il ruolo che le donne iraniane giocano all'interno della società è molto più ampio rispetto ad altri Paesi del Medio Oriente e questo paradossalmente è proprio il problema. Ovvero vediamo da una parte una società civile molto sviluppata, che si trova imbrigliata in delle regole e dei codici di comportamento di un sistema politico molto reazionario. Questa Repubblica islamica nasce dalla rivoluzione del '78-'79 ed è quindi consapevole di quali furono gli "errori" della monarchia al momento in cui cercò di contrastare la rivoluzione. A suo tempo, uno degli errori della monarchia, fu proprio quello di dare delle concessioni quando era oramai troppo tardi. A oggi all'interno del sistema della Repubblica islamica ci sono delle critiche, ma la questione fondamentale è che non c'è un punto di mediazione fra le istanze che il popolo chiede e quello che il regime potrebbe in qualche maniera concedere.