Già in occasione del suo primo mandato, nel 2018 Donald Trump aveva esortato gli europei ad aprire il borsello per rafforzare le loro capacità militari. La settimana scorsa, ormai sul punto di entrare in carica per la seconda volta, il presidente eletto degli Stati Uniti ha chiesto ai Paesi membri dell’Alleanza atlantica di consacrare in futuro il 5% del loro prodotto interno lordo alla difesa: un obiettivo realistico? Storicamente gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia hanno speso anche di più in particolare negli anni della Guerra Fredda, come si vede nel grafico seguente ricavato sulla base dei dati del SIPRI, l’Istituto di ricerca sulla pace di Stoccolma.
Ma nonostante il conflitto in Ucraina abbia suscitato in Europa un senso di urgenza per il rafforzamento degli arsenali e spinto al rialzo la spesa per la difesa, oggi la situazione appare diversa in un contesto di rallentamento economico e di tensioni sui conti pubblici (sette membri della NATO sono diventati oggetto quest’anno di una procedura per deficit eccessivo da parte dell’UE).
“Il 5% del PIL corrisponde a oltre 200 miliardi di euro all’anno, il budget federale non arriva nemmeno a 500 miliardi”, ha ricordato lunedì Olaf Scholz a margine di un evento di campagna elettorale a Bielefeld. Si potrebbe fare “solo con massicci aumenti delle imposte o forti tagli su cose per noi molto importanti”, ha detto il cancelliere tedesco uscente.
Il cancelliere uscente tedesco Olaf Scholz
Scholz ha promesso però che Berlino rispetterà l’attuale obiettivo valido per l’Alleanza atlantica, quel 2% stabilito nel 2014 e che la Germania quest’anno ha raggiunto per la prima volta. Il 2% è anche la soglia minima fissata dai cristiano-democratici, favoriti per ritornare alla cancelleria dopo il 23 febbraio. Che il Governo tedesco ritenga il 5% fuori portata lo ha detto anche il ministro della difesa Boris Pistorius, che prima di recarsi martedì a Kiev, lunedì ha incontrato vicino a Varsavia gli omologhi di Regno Unito, Francia, Italia e Polonia.
D’altra parte, anche gli altri alleati europei la pensano quasi tutti alla stessa maniera. “Aumentare la spesa per la difesa in un periodo di crisi economica è più complicato”, ha ammesso nella stessa occasione Guido Crosetto, omologo italiano di Pistorius.
Ad appoggiare pienamente Trump c’è solo la Polonia, che sta trasformandosi rapidamente nella prima potenza militare europea (Russia esclusa) e che nell’ultimo biennio ha praticamente raddoppiato i propri sforzi. Nemmeno lei raggiunge però il 5%. D’altra parte gli stessi Stati Uniti faticano a mantenersi al di sopra del 3%, sebbene in cifre assolute primeggino ancora nettamente. Trump, fedele al personaggio, starebbe insomma “sparando alto” per strappare concessioni, a tutto vantaggio anche dell’industria dell’armamento statunitense, che già sta approfittando a piene mani del nuovo contesto creato dal conflitto in Ucraina.
Wladyslaw Kosiniak-Kamysz è il ministro della difesa della Polonia, il Paese che più spende per la difesa in proporzione al PIL
In prospettiva, secondo fonti citate in un articolo del Financial Times di metà dicembre, ci potrebbe essere un compromesso: gli Stati della NATO avrebbero avviato trattative per fissare un livello minimo del 3% a partire dal 2030, in occasione del vertice che si terrà in giugno all’Aia, nei Paesi Bassi. Il segretario generale Mark Rutte non ha voluto commentare.
Un obiettivo comunque non facile se si considera che nove Paesi della NATO su 32, fra cui Italia e Spagna, dopo un decennio non hanno ancora raggiunto l’obiettivo del 2% stabilito nel 2014, quando solo USA, Regno Unito e Grecia spendevano più di così. Nel 2021, prima della guerra in Ucraina, sono in sei raggiungevano la soglia.
Il paragone con la Svizzera: il 5% sarebbero 40 miliardi di franchi l’anno
La Svizzera non fa come noto parte dell’Alleanza atlantica, anche se nell’ultimo biennio ha deciso un’intensificazione della cooperazione. Non è chiamata quindi a rispettarne gli obiettivi di spesa ma non è nemmeno immune al mutato contesto internazionale. In un contesto da “tagli per tutti tranne che per l’esercito”, il Consiglio federale ha presentato in settembre il suo piano di risparmi fino al 2027 e le Camere hanno approvato in dicembre il budget per il 2025, accordando alla difesa 530 milioni extra per un totale di 6,3 miliardi di franchi. Considerando un PIL attorno superiore agli 800 miliardi, si tratta di meno dell’1%, traguardo che Berna conta di raggiungere nel 2032. A titolo di paragone, se la Confederazione dovesse spendere il 2% del suo Prodotto interno lordo per la difesa, dovrebbe trovare quindi altri 10 miliardi. Con il 5%, la fattura salirebbe a una quarantina di miliardi, praticamente la metà dell’intero budget federale che per il 2025 ammonta a 86 miliardi e mezzo.
Il vertice NATO in Finlandia
Telegiornale 14.01.2025, 12:30