Migliaia di persone si sono riversate nelle strade sabato in Venezuela ma anche e altrove (cortei si sono registrati anche a Bruxelles e Miami), per protestare contro la contestata rielezione di Nicolás Maduro alle presidenziali del 28 luglio., Le manifestazioni si sono tenute al suono assordante dei cacerolazos (dal nome dato alle casseruole percosse dalla popolazione in segno di dissenso) e gridando insistentemente la parola “libertà”. Sul voto si fa infatti sempre più pesante il sospetto di brogli, anche per l’insistenza delle autorità nel rimandare a oltranza la pubblicazione dei verbali completi e definitivi degli scrutini.
Parallelamente alle dimostrazioni anti-chavismo, il Partito socialista unito del Venezuela (PSUV), attualmente al potere nel Paese sudamericano, ha indetto una “grande marcia nazionale per la pace” che mira a sostenere la regolare investitura di Maduro, presentatosi alle urne per un terzo mandato di 6 anni. Deciso a non mollare la poltrona, l’ex autista di autobus ha gettato ulteriore benzina sul fuoco, accusando l’opposizione di aver preparato attacchi con armi e granate durante le proteste.
Le manifestazioni, convocate dall’opposizione guidata da María Corina Machado e dal suo candidato alla presidenza, Edmundo González Urrutia, arrivano nel momento in cui un numero crescente di Paesi ha già riconosciuto il rivale di Maduro come il presidente effettivamente eletto. Sulla legittimazione di Urrutia insistono comunque in primis gli Stati Uniti, posizione nel frattempo seguita da altri sei Paesi latinoamericani: Argentina, Uruguay, Costa Rica, Ecuador, Perù e Panama. Non ha invece ancora sciolto gli indugi l’esecutivo del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, secondo cui la decisione degli Stati Uniti di riconoscere l’oppositore Edmundo González Urrutia come presidente mina la soluzione diplomatica ricercata dai governi regionali progressisti di Brasile, Colombia e Messico. Su iniziativa della prima ministra italiana e del presidente francese, anche Germania, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi e Polonia hanno chiesto al Venezuela di pubblicare tempestivamente i registri di voto.
Duemila persone arrestate
Nonostante gli occhi del mondo puntati addosso, Maduro però non indietreggia negli atti di repressione contro gli oppositori. Lo stesso Maduro ha dichiarato che circa 2’000 persone sono state arrestate per crimini commessi durante le manifestazioni. Nelle ultime ore sono stati arrestati inoltre altri due importanti esponenti dell’opposizione, Roland Carreño, e l’attivista Denni León. E sono almeno 14 i giornalisti espulsi o arrestati, secondo il Sindacato nazionale dei lavoratori della stampa locale.
Per cercare di scoraggiare la gente a uscire di casa per protestare, il governo ha schierato persino i droni sui cieli di Caracas, creando un’atmosfera da “zona di guerra”, nella definizione di un residente che ha condiviso sul web i video degli oggetti che volavano in diverse parti della città. “