In India, il paese più popoloso al mondo, dove la metà dei cittadini ha meno di 25 anni, si calcola che per le elezioni che si terranno a metà aprile i votanti con meno di 29 anni siano 215 milioni, su un totale di 968 milioni.
Tutti i partiti cercano di conquistare le loro simpatie, ma i metodi di convincimento sono drasticamente cambiati rispetto alle campagne precedenti. Dove prima si cercava di instillare sentimento politico con sindacati, manifestazioni ed eventi di strada, ora pare più importante far passare il messaggio sui social.
Si punta su meme e ritornelli
E il messaggio cambia: non programmi politici mirati a combattere la disoccupazione o a favorire l’istruzione, ma meme, ritornelli sonori, slogan facili e sommari. Ne sa qualcosa il BJP, il partito di centro destra di governo, che ha assoldato, si dice, decine di migliaia di operatori in giganteschi call centers detti IT-cells. Il loro compito è trasformare il materiale politico quotidiano in post che attaccano gli avversari. Poco importa se le notizie siano vere o false: basta che siano diffuse, su Whatsapp come su Telegram e Instagram, prima di venire smentite.
Swati Chaturvedi, una giornalista autrice del libro “I am a Troll”, denuncia che il BJP ha più “troll farms”, allevamenti di trolls, che la Russia, e che dietro ci sono ingenti somme che vanno anche ad aziende private vicine al BJP che gestiscono le IT cells.
Gli avversari un passo indietro
Gli avversari, il Congress, il Partito dell’uomo comune (Aam Admi), il Trinamol nel Bengala occidentale, faticano a tenere il passo, non hanno gli stessi finanziamenti e neppure la base di volontari giovani che ha il partito del premier Narendra Modi.
Sanid Himan, portavoce del Congress per i giovani, dice: “Cerchiamo di portarli di fronte alla questione economia: la miseria che la popolazione in India deve affrontare. Ma quando l’ambiente è inquinato da animosità, emozioni forti, è molto difficile comunicare con la logica”.
H-pop e la comunicazione piena di odio
Invece i giovani paiono rispondere alla comunicazione piena di odio contro i non- hindu, praticata dal cosiddetto H-Pop, Hindutva pop. I suoi esponenti come Kavi Singh, ventiseienne cantante nello stato dell’Haryana, osannano i linciaggi di chi mangia carne bovina, mettono in guardia contro i matrimoni misti, e dichiarano guerra al Pakistan e ai separatisti del Kashmir. Veri canti di battaglia che spingono a identificarsi con un gruppo religioso e a votare di conseguenza.
Incontriamo Kavi a Rotakh, vestita con il gilet d’ordinanza e in testa un turbante arancione: presa così è anche carina, racconta del suo amore per la musica e per la patria, ma a leggere tra le strofe, i suoi testi dicono cose come “il nemico vive in mezzo a noi” oppure, “se ci tocchi il tempio, muori”. Ci spiega di essere motivata dal voler preservare l’identità degli hindu, la tradizione, che vede intaccata dalla presenza di religioni diverse.
I suoi video hanno da qualche migliaio a due milioni di “views”. Altri come lei ripetono ritornelli aggressivi che a volte incappano della censura di Youtube in quanto incitazioni all’odio e vengono cancellati. Per risorgere su Whatsapp, che diventa il vero altoparlante della destra: lì non c’è dissenso. Gli indiani hanno quasi tutti uno smart phone, ma questo “non rappresenta una cultura digitale, perché non sono informati: sono solo ricettori di un certo discorso che va loro a genio”, come dice Swati Chaturvedi.
I giovani sono le prime vittime di un costante lavaggio del cervello, quando i media specialmente quelli in lingua Hindi sono per il 99% a favore del BJP. La storia viene somministrata loro in titoloni, la realtà viene usata per spaventare, come per esempio la credenza che i musulmani stiano facendo molti figli e avranno il sopravvento - mentre i dati mostrano una natalità in crollo presso questa minoranza.
Molti giovani senza lavoro
Intanto, uno studio dell’organizzazione mondiale per il lavoro (ILO) appena pubblicato, racconta un’altra verità: la percentuale dei giovani con una educazione superiore e universitaria che non trova lavoro è passata dal 35% del 2000 al 65 % di oggi. E dice che i giovani rappresentano 83% dei disoccupati. Anche se riescono a conseguire una laurea, il lavoro resta un miraggio. Eppure, in questo clima di competizione disperata, fuga verso mercati del lavoro all’estero e sogni infranti, il 75%dei giovani al primo voto (sondaggio a Delhi) dice che votera’ il governo in carica.
Sempre se andrà a votare. Solo una minima parte di loro si sono registrati per andare alle urne.