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Gaza, colpiti i famigliari di Ismail Haniyeh

Erano parenti del leader di Hamas almeno 10 delle 13 persone uccise in un attacco israeliano a Gaza City

  • 25 giugno, 23:19
  • 25 giugno, 23:23
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  • Ripresi oggi dal mare, edifici distrutti dal conflitto lungo la fascia costiera della Striscia
Di: AFP

“Israele si illude, se pensa che colpire i miei parenti possa cambiare la mia posizione”. Così Ismail Haniyeh oggi, martedì, dopo l’attacco sferrato dalle forze israeliane in un campo profughi di Gaza City: il bilancio delle vittime, afferma Hamas, è di almeno 13 morti, dei quali almeno 10 erano famigliari di Haniyeh

Fra i deceduti, anche la sorella di Haniyeh. “Il sangue dei nostri martiri ci impone di non scendere a compromessi, di non cambiare, di non indebolirci, ma di continuare il nostro cammino con determinazione”, ha aggiunto il capo del movimento radicale palestinese. Per parte sua l’esercito dello Stato ebraico, sollecitato dall’agenzia AFP, ha dichiarato di non essere in grado di confermare le notizie sulla morte dei parenti del leader islamista.

Intanto Benjamin Netanyahu ha annunciato oggi la fine della “fase intensa” dei combattimenti nel sud della Striscia, ribadendo però che la guerra contro Hamas non è terminata. La presenza delle forze israeliane, secondo un esperto di strategia militare, dovrebbe quindi ridursi sul terreno ed essere sostituita da un maggior ricorso a droni e aerei.

Ma per Netanyahu sembrano ora intensificarsi le difficoltà di ordine interno. Il premier dovrà infatti misurarsi con le conseguenze legate alla decisione con cui, sempre oggi, la Corte suprema ha ordinato la coscrizione degli studenti delle scuole talmudiche, finora esentati dal servizio militare.

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“L’Esecutivo non ha l’autorità di ordinare di non applicare la legge” a questi studenti “in assenza di un adeguato quadro legale”, ha dichiarato la Corte, sottolineando che “senza ancorare questa esenzione in un quadro legale, lo Stato deve agire per imporre la legge”. La decisione potrebbe ora indebolire la coalizione del premier Benjamin Netanyahu, che è sostenuta da partiti ultraortodossi.

Nelle ultime ore, per discutere sugli sviluppi del conflitto, si è nuovamente riunito il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Intervenendo dinanzi al Consiglio, Tor Wennesland, coordinatore speciale per il processo di pace in Medio Oriente, ha espresso le sue “serie preoccupazioni” per il rischio di un’escalation nella regione: in particolare fra Israele ed Hezbollah.

Uno scenario, ha ammonito Wennesland, che “garantirà solo più sofferenza, più devastazioni per le comunità in Libano e Israele e conseguenze potenzialmente catastrofiche” per la regione.

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