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"Gli spagnoli sono scettici"

L'ETA ha consegnato tutte le armi, ma la società non sembra pronta per la riconciliazione

  • 8 aprile 2017, 11:45
  • Oggi, 06:08
Matteo Re e il libro di Aramburu

Matteo Re e il libro di Aramburu

C’è chi lo considera il penultimo passo prima della definitiva scomparsa, della ETA, Euskadi Ta Askatasuna, il gruppo terrorista che per oltre 50 anni si è battuto per l’indipendenza del territorio basco. Oggi sabato Bayonne si tiene una manifestazione che coincide con il disarmo totale della banda: sono infatti state comunicate alle autorità le coordinate di depositi ed arsenali. Un penultimo passo, dicevamo dopo la fine della lotta armata annunciata 6 anni fa e in attesa della dissoluzione attesa per i prossimi mesi. Ma la Spagna è pronta a fare i conti con i suoi anni di piombo? Alcuni pensano di sì. Partendo anche dal grande successo che sta riscuotendo un romanzo che parla dell’ETA. Si intitola Patria, lo ha scritto il basco Ferdinando Aramburu e in Spagna è stato un caso letterario, con le sue 12 ristampe in pochi mesi. Per la prima volta uno scrittore basco ha avuto il coraggio di parlare apertamente delle vittime del terrorismo indipendentista, attraverso la storia di due famiglie, molto vicine, che diventeranno nemiche quando si troveranno sulle opposte barricate.

“Per me però il successo di questo libro - che è davvero un gran bel romanzo – non dimostra che la Spagna sia finalmente disposta ad affrontare il suo passato” ci risponde Matteo Re che è ricercatore all’Università Rey Juan Carlos di Madrid e insegna in un master sull’analisi e la prevenzione del terrorismo. “Anche se il libro parla della fine della lotta armata e dà una speranza per il futuro in realtà è difficile pensare che il paese sia pronto per la fine del conflitto. La società basca è ancora molto divisa. Il disarmo viene intrepretato come una presa in giro: una messa in scena mediatica di qualcosa che è già finito”.

Secondo Matteo Re la società basca potrebbe anche essere pronta per la riconciliazione ma in realtà è passato troppo poco tempo dagli ultimi attacchi mortali (nel 2010) per fare in modo che il processo di riconciliazione possa iniziare. “Sono moltissimi gli abitanti che sono stati vittime dell’ETA. Ci sono stati 300 attentati, più di 800 morti. E poi tante vittime indirette costretta a lasciare i loro villaggi perché minacciati, ricattati, perché non volevano pagare l’imposta rivoluzionaria, ovvero il pizzo ali terroristi “ ci ricorda Re.

Oggi è vero che l’ETA non è più considerata dalla popolazione come un pericolo, ma nessuno è disposto a concederle un ruolo guida nel processo di pacificazione. “C’è una parte della società soprattutto basca che non vuole dimenticare e non vuole che ci sia una pace ad ogni costo. In altre parole si vuole la pace ma non si vuole che all’ETA venga riconosciuto un ruolo principale in questo processo- ci spiega Re che è in contatto con numerose vittime – L’ETA ha ucciso per molti anni e non è in condizione di esigere nulla, soprattutto una maggiore visibilità dal punto di vista politico”.

03:24

RG delle 18.30 del 07.04.17; intervista a cura di Veronica Alippi

RSI Info 07.04.2017, 23:58

Veronica Alippi

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