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Il Papa in Mongolia: "Una visita storica"

Il viaggio del Pontefice è una prima per il paese di Gengis Khan - Il racconto e l'analisi di questo incontro

  • 4 settembre 2023, 15:20
  • 5 settembre 2023, 15:43
03:21

RG 12.30 del 3.9.2023 L'intervista di Manjula Bhatia

RSI Info 04.09.2023, 13:06

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Di: RG-Manjula Bhatia/AlesS 

Papa Francesco ha concluso il suo viaggio in Mongolia. Nella terra di Gengis Khan ha ricordato l’importanza del dialogo e dell’incontro, per appianare le divergenze e "per porre fine ai conflitti".

Nella capitale Ulaan Baatar ieri, domenica, ha incontrato i rappresentati di altre fedi religiose e ha tenuta una messa alla quale hanno partecipato più di 2'000 persone, ossia la piccola comunità cattolica presente nel paese. Ma com’è stata vissuta questa visita in Mongolia?

"Promuovere relazioni con l’Occidente è una bella iniziativa anche sul piano politico-diplomatico e non solo religioso", ha raccontato ai nostri microfoni Chuka Bayasakh, responsabile locale della ONG ticinese "La mensa e il gregge". "È la prima volta che un Papa viene in Mongolia, ma le relazioni con il Vaticano risalgono a ben 800 anni fa, in seguito a uno scambio di lettere tra il Papa e il re della Mongolia. Si tratta per noi di una visita storica e non solo in termini religiosi".

Chuka Bayasakh

Chuka Bayasakh

  • La mensa e il gregge

Per quanto riguarda la libertà religiosa, ha ricordato i precedenti storici di questa situazione. "Fu il nipote di Gengis Khan all’origine delle relazioni diplomatiche con il Vaticano. Ma già nel Medioevo le autorità mongole erano molto tolleranti rispetto alle varie religioni. Una libertà religiosa oggi garantita dalla Costituzione, anche se il paese è principalmente buddista". Essere una minoranza religiosa inoltre non è un problema, siccome la Mongolia "è un paese democratico e libero" con dei vicini molto importanti, ossia la Cina e la Russia.

Ma il paese è anche confrontato con un problema importante, ricordato dallo stesso pontefice, ossia la corruzione, che porta a dimenticare le esigenze delle regioni più discoste dove opera la ONG ticinese. "La base della nostra attività riguarda l’educazione, il miglioramento della vita degli allevatori nomadi e la protezione dell’ambiente, il 20% della popolazione mongola è costituita da allevatori di capre, montoni e altri animali. Non è sempre la parte più povera della popolazione, ma spesso è ignorata dal potere centrale, che è molto distante. Noi cerchiamo di offrire i mezzi per migliorare le loro condizioni di vita".

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