L’analisi

Il caso al Shifa: quando un ospedale diventa obiettivo militare

L’esercito israeliano ha lanciato un’operazione con lo scopo di scovare militanti di Hamas al suo interno; ma per il diritto internazionale le strutture mediche sono protette

  • 18 novembre 2023, 06:49
  • 18 novembre 2023, 08:42
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Un'ambulanza a Gaza City

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Di: Alessandra Spataro

I soldati israeliani nella notte tra martedì e mercoledì hanno iniziato un’operazione molto delicata all’interno dell’ospedale al Shifa, il più grande complesso presente a Gaza. L’intervento è stato deciso dopo che l’intelligence israeliana ha mostrato, una decina di giorni fa attraverso una grafica 3D, che all’interno della struttura, sottoterra, vi sarebbero bunker, sale di comando e di controllo di Hamas. A oggi, sono state trovate armi e alcune foto di ostaggi. Questo nuovo capitolo del conflitto iniziato lo scorso 7 ottobre apre spazio a riflessioni su come un ospedale possa essere al centro di un’operazione militare così capillare.

“Penso che vedere delle persone armate, dei soldati, che entrano in un ospedale è sinceramente preoccupante. Gli ospedali devono essere pensati come dei santuari e devono essere protetti da tutti e non devono essere usati come basi per operazioni militari”. Tommaso della Longa, portavoce della Federazione della Croce Rossa internazionale ha alle spalle una lunga esperienza a Gaza e ci racconta che negli ultimi 15 anni non ha mai assistito a un livello di violenza, distruzione e assedio di questo tipo. La situazione sul terreno è complicata, ma anche per quanto riguarda il diritto internazionale il discorso non è per nulla semplice. 

“Gli ospedali, le ambulanze possiedono uno statuto di protezione, ossia non possono essere oggetto di nessun attacco”, ci spiega Triestino Mariniello, professore ordinario di diritto penale internazionale alla Liverpool University, “questa protezione può venir meno però se questi vengono usati non solo per scopi civili ma anche per compiere azioni ostili (harmful acts) contro i nemici. Israele sino ad ora però non ha fornito prove convincenti su questo punto”, continua, “e per convincenti significa anche vagliate da organismi terzi in grado di accertarne la veridicità. E se anche ci dovessero essere queste prove, saremmo ad ogni modo davanti a violazioni del diritto umanitario internazionale siccome questi attacchi a cui stiamo assistendo sono attacchi sproporzionati, ossia viene fatto un uso eccessivo della forza, soprattutto in un contesto come quello di un ospedale”.

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Vittime di un attacco israeliano

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A livello militare un’incursione del genere avviene con le stesse dinamiche di altre operazioni come ci illustra Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana di Difesa. “Gli israeliani hanno dato un preavviso di 30-40 minuti. Sono entrati nella struttura perquisendo tutti coloro con più di 16 anni. Non è semplice setacciare un ospedale così grande. Richiede tempo e non sai cosa trovi”. Il commando entrato in azione dovrebbe contare circa un centinaio di uomini, l’intervento dovrebbe essersi svolto in “maniera pulita”, ossia senza causare danni anche se, come sottolinea il nostro ultimo interlocutore, è difficile saperlo con certezza. “Quello che è successo effettivamente all’interno di al Shifa non lo sappiamo, anche perché è in corso una guerra e come in tutte le guerre ci sono due propagande”.

Come giustificare un attacco contro un ospedale?

Ed è così, la verificabilità dei fatti durante i conflitti è sempre molta complicata. Come può essere complicato giustificare gesti come quello di attaccare un ospedale.  “Se avessero trovato qualcosa di eclatante ce lo avrebbero fatto vedere”, continua Batacchi, “e inoltre se fosse stato veramente lì il quartier generale di Hamas, sarebbe già stato abbandonato. Dal punto di vista militare, queste organizzazioni sono organizzazioni orizzontali, destrutturate in cui le pedine operative sono abituate a muoversi in autonomia, a improvvisare e a muoversi senza ordini”.

Da una parte quindi l’attacco a una struttura protetta, dall’altra un nemico che si muove continuamente e che ha logiche poco prevedibili. E a questo si aggiunge una situazione sanitaria già particolarmente difficile prima dell’inizio di questa guerra.  “La situazione di tutti gli ospedali nella Striscia è drammatica. Manca tutto: carburante, acqua, medicinali”, continua a raccontarci Tommaso della Longa, “siamo stati costretti a chiudere il nostro ospedale di Gaza City e ora rimane operativo quello di Khan Yunis. I malati hanno bisogno di ogni tipo di cura, ma manca tutto sia per chi deve fare la dialisi, chi deve prendere insulina, chi deve subire trattamenti oncologici. Questo significa mettere a rischio la vita di centinaia se non di migliaia di persone”.

Gli attacchi a operatori e strutture sanitarie non sono una novità

Croce Rossa internazionale e Mezzaluna Rossa hanno perso già sette membri dello staff, ma gli attacchi a operatori e strutture che operano nell’ambito medico non sono una novità. “Negli anni sono 180 gli attacchi militari perpetrati da Israele nella Striscia contro ospedali e ambulanze”, ci ricorda Mariniello.

Bisogna a questo punto ricordare che la Corte penale internazionale ha già aperto delle indagini in merito al caso Palestina nel 2021. Il procuratore capo Karim Kham ha affermato recentemente che la Corte ha al momento anche competenza per quello che sta avvenendo in queste settimane. “Rimane però aperta la domanda”, sottolinea il professore di diritto penale internazionale, “se la Corte penale internazionale intenda procedere con delle indagini. Dal 2009, ha fallito in questa missione, infatti non ha mai emanato alcuna misura efficace, e per misura intendo un mandato di arresto o un ordine di comparizione in merito a presunti crimini internazionali commessi in questo contesto. In questa guerra, dopo le persone che hanno perso la vita, l’altra vittima è il diritto internazionale. Il clima di impunità, l’eccezionalismo giuridico che interessa Israele, diventa terreno fertile per le più gravi violazioni”.

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Operazione militare israeliana a Gaza

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Dal 7 ottobre sono 1’200 gli israeliani che hanno perso la vita e 12’000 i palestinesi morti. Gaza sta collassando e Israele se non riuscisse a dimostrare che l’attacco contro l’ospedale era più che giustificato subirebbe, afferma Batacchi, “un danno a livello di immagine” e dovrebbe forse, rispondere di questi atti, davanti a una Corte internazionale. Inoltre, sarebbe il secondo scivolone per l’intelligence che già non era riuscita a intercettare la dimensione dell’attacco di Hamas lo scorso 7 ottobre.

“Siete vivi?”

Da parte loro, gli operatori sanitari continuano a tentare di fornire cure ai malati e ai feriti. I medici che operano a Ramallah, in Cisgiordania, dove si trova il centro operativo della Mezzaluna Rossa palestinese, raccontano che iniziano la loro giornata sempre allo stesso modo con una telefonata ai colleghi che si trovano nella Striscia di Gaza con questa domanda: “Siete vivi?”.  

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