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Il femwashing e la strumentalizzazione del femminismo

Quando il marketing si appropria delle cause: succede sempre più e in ogni campo, con il termine washing che si applica ormai a molti ambiti – Dall’USI presto un libro sul tema

  • 08.03.2024, 22:31
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Il fenomeno del femwashing

Telegiornale 08.03.2024, 20:00

Di: TG-Giovara/dielle 

Davanti alla borsa di New York fa bella mostra di sé “Fearless Girl” la ragazza senza paura, esposta alla vigilia della Festa della donna di 7 anni fa. Per gli accademici è un caso da manuale, il più classico degli esempi del fenomeno chiamato femwashing, o se vogliamo femminismo aziendale.

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La statua "Fearless Girl" davanti alla borsa di New York

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“Ha a che fare con una comunicazione fuorviante, in cui il femminismo viene strumentalizzato a fini d’immagine - spiega alla RSI l’assistente dottorando dell’USI Ludovico Conti -. La ‘ragazza senza paura’ era stata commissionata da un’azienda di Boston che ha fatto coincidere la presentazione della statua con il lancio di un indice sulla diversità di genere. Ci sono poi state delle accuse contro questa azienda perché sebbene si proclamasse a favore delle donne, vi erano dei seri problemi come accuse di discriminazione contro donne di colore o differenze di salario per la stessa posizione tra uomini e donne”.

Quando il femminismo diventa questione di marketing, insomma, con una comunicazione interessata che si appropria di icone di emancipazione e di girl power solo per un ritorno commerciale. Il femwasing rientra sotto l’etichetta più ampia di greenwashing, ovvero quando il brand si traveste da attento e sensibile all’ambiente solo per questioni di facciata.

Una strategia di comunicazione su cui tre ricercatori dell’Università della Svizzera italiana (USI) stanno scrivendo un libro. “Abbiamo esempi in molti altri campi – spiega alla RSI il professore di etica aziendale dell’USI Peter Seele – e stiamo lavorando su un progetto di ricerca e un libro sul greenwashing e su tutti gli altri tipi di washing… al momento ne abbiamo identificati 35”.

Greenwashing, femwahsing, rainbowwashing o ancora brownwashing… Ambiente, emancipazione femminile, comunità arcobaleno e questioni razziali, la lista di cause verso cui ammiccare è lunga e tutto fa brodo pur di vendere, ma non mancano neppure le conseguenze negative: “Può inflazionare un intero dibattito, andando a diminuire il valore che si dà ad esempio a delle dichiarazioni femministe o ad azioni a favore delle donne” conclude ancora Ludovico Conti.

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