Il giornalismo secondo Julian Assange

“Ho scelto la libertà, sull’impossibilità di ottenere giustizia. Voglio essere totalmente chiaro. Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi perché dopo anni di carcere mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”.

Julian Assange si è espresso così oggi, martedì, davanti all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. È la prima volta che il fondatore di WikiLeaks parla pubblicamente dopo la sua liberazione avvenuta in giugno.

“I giornalisti”, ha continuato, “non dovrebbero essere perseguitati per aver svolto il loro lavoro. Il giornalismo non è un crimine. È un pilastro di una società libera e informata”.

Assange nel 2010 aveva reso pubblici documenti statunitensi segretati ricevuti dalla ex militare Chelsea Manning (al tempo Bradley Manning), riguardanti soprattutto Iraq e Afghanistan. Nei documenti venivano illustrati crimini di guerra. Figura divisiva, dopo averli diffusi ha vissuto dal 2012 nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. È poi stato incarcerato nel Regno Unito. Il 26 giugno di quest’anno è stato rilasciato. Per la giustizia statunitense, ha istigato la sua fonte (Manning che ha scontato sette anni di carcere) a consegnarli i documenti contestati.

“Restate uniti per far fronte alle minacce della libertà di stampa”, ha continuato il 53enne. La sua testimonianza a Strasburgo è legata al rapporto preparato della socialista islandese Thorhildur Sunna Aevarsdottir, che l’assemblea discuterà e voterà domani (mercoledì), sulla sua detenzione e condanna e l’effetto dissuasivo e di autocensura che ha su tutti i giornalisti, gli editori e altri soggetti che riferiscono su questioni essenziali per il funzionamento di una società democratica.