Giovedì l'esercito russo ha annunciato di aver effettivamente iniziato il suo ritiro, spostando le sue truppe dalla riva destra alla riva sinistra del fiume Dnipro. "Le unità del contingente di truppe russe stanno manovrando verso posizioni allestite sulla riva sinistra del fiume, secondo il piano prestabilito", ha affermato il Ministero della Difesa russo. Perché l'operazione sia completata potrebbero volerci settimane. Il passo indietro annunciato mercoledì è particolarmente significativo perché comporta una partenza dei soldati di Mosca dalla città di Kherson, il solo capoluogo di Oblast che i russi avevano conquistato dopo il 24 febbraio.
La mossa è accolta con prudenza da parte ucraina, mentre Kiev annuncia nuove riconquiste frutto della sua controffensiva: si vuole verificare se il ritiro sarà davvero completo e se non si riveli invece una trappola. La NATO per bocca del segretario generale Jens Stoltenberg e l'UE cantano vittoria, vedendo riconosciuta la validità del loro approccio.
Allo stesso tempo, questo passo, se confermato dai fatti potrebbe facilitare dei negoziati, come osservato dal ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani. Anche perché si fa sempre più strada la convinzione espressa dal generale statunitense Mark Milley che una vittoria militare completa sia pressoché impossibile per entrambe le parti, che da inizio conflitto, sempre secondo lo stesso alto graduato, avrebbero perso per uccisione o ferimento almeno 100'000 uomini ciascuna.
"Dal punto di vista militare si tratta di un'operazione assolutamente razionale, nel senso che l'occupazione della parte di territorio a ovest del fiume era difficilmente difendibile se non a prezzi molto elevati, dopo che gli ucraini avevano tagliato fonti di rifornimento e linee di comunicazione", commenta a SEIDISERA il generale Vincenzo Camporini, analista politico all'Istituto degli affari internazionali ed ex capo di Stato maggiore della difesa in Italia. "Dal punto di vista politico è invece una presa di consapevolezza che certe ambizioni" - Mosca in quell'area voleva inizialmente puntare a Mykolaiv e poi a Odessa - eccedono le reali capacità".
Anche la cautela espressa da parte ucraina, secondo Camporini, "è razionale, perché rioccupare quest'area significa esporre le proprie forze all'artiglieria russa a est del fiume". Legittimi anche i "forti sospetti sul fatto che i russi abbiano abbandonato in loco pericolosi campi minati" o "agenti che potrebbero generare difficoltà nella gestione della sicurezza".
D'altra parte, l'arrivo dell'inverno dovrebbe ora congelare anche la situazione sul terreno: fino alla primavera "ci potrà essere qualche scaramuccia" ma "ritengo che non assisteremo a operazioni significative". Sono mesi in cui "mi auguro che si riesca a trovare la possibilità di qualche trattativa che deve necessariamente appoggiarsi a un'iniziativa delle Nazioni Unite - che potrebbero portare a una gestione dell'ONU dei territori oggi occupati dalla Russia e permettere il rientro alle loro case degli sfollati".
Altrimenti, è da prevedere che in primavera si assisterà "a un riaccendersi delle ostilità".
Ritiro da Kherson, analisi di Luca Steinmann
SEIDISERA 10.11.2022, 19:28
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