Legislative in Slovacchia

Il ritorno di Fico?

L’ex premier slovacco spodestato dalla folla cinque anni fa è in testa nei sondaggi, grazie a un messaggio populista e pro-russo, in un paese stanco della guerra in Ucraina ed esposto alle sirene di Mosca

  • 29 settembre 2023, 11:15
  • 7 aprile, 01:06
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Sabato le elezioni in Slovacchia

Telegiornale 27.09.2023, 20:29

Di: Tomas Miglierina, inviato a Bratislava

Cinque anni in politica sono lunghi. In cinque anni si può anche risorgere dalle proprie ceneri, specie se in mezzo c’è stata una pandemia e una guerra. La storia di Robert Fico - che se anche non vincerà le elezioni legislative anticipate di sabato, potrà comunque condizionare la formazione di un nuovo governo in Slovacchia - è la storia di una risurrezione che ha poco di miracoloso, ma è semmai il prodotto di una determinata razionalità.

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Il monumento a Ján Kuciak e Martina Kušnírová a Bratislava

  • David Horinek RSI

Quando, nel marzo del 2018, fu costretto alle dimissioni dalle proteste di piazza dopo l’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della sua compagna, ben pochi avrebbero scommesso sul suo ritorno alla guida del governo di Bratislava. Una sua responsabilità giudiziaria non è mai emersa. Ma l’omicidio di un giornalista che denunciava la corruzione e gli affari loschi intorno ai fondi europei, comprese le infiltrazioni della ‘ndrangheta, chiamava in causa tutto un modo di gestire la cosa pubblica durato anni, prima e dopo l’ingresso nell’Unione europea(2004).

Fico (si pronuncia “Fitzo”) sembrava finito. E finiti sembravano i suoi più stretti collaboratori, come il ministro degli interni Robert Kalinak. Ma questo 59enne ex avvocato, figlio di famiglia operaia, che ha cominciato la carriera politica nel 1987 nel partito comunista – l’unico partito, in quella che era allora la Cecoslovacchia – non è un principiante del potere. E così, cinque anni dopo, è la liberale Zuzana Čaputova ad annunciare che non chiederà agli elettori un nuovo mandato da presidente della Repubblica l’anno prossimo, perché non ritiene di avere forze sufficienti per altri cinque anni. Fico, un problema del genere, non se lo pone nemmeno.

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Robert Fico in un manifesto elettorale a Bratislava

  • David Horinek RSI

La ricetta del leader di Smer (“direzione”) per risorgere è stata semplice: ha abbandonato anche quel poco di socialdemocratico che aveva - il partito fa parte della famiglia socialista europea - per un programma fatto di ammiccamenti alla Russia, attacchi alla comunità LGBT, invettive contro Bruxelles che vuole distruggere la famiglia tradizionale e altro materiale dal miglior repertorio di Viktor Orban, il premier ungherese che infatti è un suo amico e alleato. Durante la pandemia di COVID, Fico ha cavalcato il malumore contro le misure restrittive imposte dal governo - una volta è stato anche brevemente arrestato per averle violate - e questo lo ha fatto ritornare sotto i riflettori. Più recentemente, un’impennata di arrivi di migranti irregolari dal Medio Oriente attraverso la frontiera ungherese gli ha permesso di dire, in sintesi, che senza di lui la Slovacchia diventerà come Lampedusa.

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Il capo redattore di aktuality.sk Peter Bárdy

  • David Horinek RSI

“È diventato la voce delle persone scontente, frustrate, che non riescono a proteggersi dalle teorie del complotto. Persone che non credono nel sistema, non credono nella democrazia e non credono nello Stato” ci dice il giornalista Peter Bárdy, che è stato il capo di Ján Kuciak e oggi dirige il popolare portale di notizie “aktuality.sk” di proprietà del gruppo svizzero Ringier. Bárdy ha appena pubblicato una biografia molto documentata e poco lusinghiera di Fico, intitolata “L’ossessione per il potere”.

La frustrazione in Slovacchia non manca, per varie ragioni. Per entrare nell’UE questo Paese di 5,5 milioni di abitanti è passato, vent’anni fa, attraverso pesanti riforme sociali. I frutti sono arrivati, ma non per tutti e non nella misura sperata. Le differenze con l’Austria – la frontiera è alla periferia di Bratislava, Vienna dista 40 chilometri – balzano ancora all’occhio. Le differenze che sono sparite sono quelle che si sarebbe preferito lasciare: i prezzi, per esempio, sono quasi come a Vienna. I salari no. I costi dell’alloggio hanno raggiunto livelli tali da spingere alcuni a trasferirsi nei villaggi austriaci oltre confine. Nel resto del paese invece di progresso se ne è visto molto meno. L’economia rimane basata sull’industria dell’auto, qualcuno dice che il Paese è una grande filiale di Volkswagen o Citroën. L’appartenenza all’UE non viene messa in discussione, se non da frange estremiste, eppure da quando è entrata nel club la Slovacchia ha sempre avuto il più debole tasso di partecipazione alle elezioni europee fra tutti gli Stati membri.

E poi c’è l’Ucraina: il governo slovacco è stato tra i primi a offrire ospitalità ai profughi e aiuti militari a Kiev. Ha regalato tredici Mig20 all’aviazione ucraina e poi ha acquistato quattordici F16 dagli Stati Uniti. Ma che la guerra sia colpa della Russia è un’idea ben lontana dal fare l’unanimità, men che meno tra gli elettori di Fico.

Il 54% degli slovacchi che hanno risposto a un nostro recente sondaggio considera la Russia una minaccia per la sicurezza nazionale, ma al tempo stesso il 50% ritiene che anche gli USA lo siano” ci dice Katarína Klingová, ricercatrice del centro per la resilienza democratica Globsec, che lavora con UE e NATO sui temi della disinformazione. “Il 66% pensa che gli USA stiano trascinando la Slovacchia in guerra perché ne traggono vantaggio”.

Le parole di solidarietà per Kiev, pronunciate da esponenti liberali come la presidente Čaputova, fanno infuriare gli elettori di Smer, come quelli che incontriamo ad un banchetto in città dove il partito distribuisce santini elettorali e tazze di gulasch (la Slovacchia fino al 1918 era governata da Budapest nell’impero austro-ungarico). “La nostra presidente ci ha tradito”, scandisce una donna sulla sessantina. “Ha detto che noi siamo l’Ucraina. È più devota all’Ucraina che a noi cittadini comuni. Io vivo con una pensione di 172 euro, è possibile? Bisognerebbe toglierle la pensione e la previdenza sociale, non se le merita”. La signora è sicura che Smer vincerà, ma teme i brogli elettorali.

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"La presidente Čaputova ci ha tradito" dice questa simpatizzante di Smer

  • David Horinek RSI

I giornalisti non sono molto amati “perché sapete le cose ma non le dite”. Mentre intervistiamo veniamo a nostra volta filmati con i cellulari, come ai raduni dei simpatizzanti di Donald Trump o a certi eventi dei Cinquestelle di un tempo. E non è amata nemmeno Bruxelles, che comanda troppo. Un’altra signora di mezza età: “Certo che voteremo per Smer, mica per quei giovani progressisti che legalizzeranno le droghe, daranno preservativi gratis ai giovani e questo per loro è il futuro”. Quanto agli ucraini: “noi li accogliamo e loro ci fanno causa perché non prendiamo il loro grano”. Il riferimento è al bando che Slovacchia, Polonia e altri Paesi UE hanno imposto all’import di grano ucraino, che con il suo prezzo più basso spinge al ribasso la produzione locale. Kiev ha risposto anche con gli avvocati.

L’età prevalente qui è sopra i sessanta, con eccezioni. Sono persone che il comunismo lo ricordano di certo e che erano adolescenti nell’agosto del 1968, quando i carri armati sovietici occuparono Praga, Bratislava e il resto della Cecoslovacchia. Anche su questo però oggi gira una storia alternativa: racconta che furono i membri ucraini nel Politburo del PCUS a optare per l’invasione.

Fico ha promesso che se verrà eletto non manderà più un solo proiettile a Kiev, perché non spinge Zelensky a fare la pace. È ora di finirla – dicono i suoi elettori - con questa guerra e con i rifugiati che prendono i lavori degli slovacchi (gli ucraini possono lavorare, è vero, ma fanno lavori che tendenzialmente gli slovacchi preferiscono evitare) e ricevono soldi per pagare l’affitto (anche questo è vero, ma sono soldi mandati dall’UE per pagare alloggi messi in affitto dagli slovacchi).

All’inizio dell’anno oltre quarantamila persone hanno firmato una petizione contro la mobilitazione di riservisti slovacchi, dopo che sui social era partita la notizia (falsa) secondo cui presto Bratislava avrebbe cominciato a mandare propri coscritti in Ucraina. In una serie di riunioni confidenziali nei giorni scorsi, UE e governo slovacco hanno intimato ai giganti del Web come Meta, Google e TikTok di aumentare gli sforzi per contrastare la diffusione di fake news. Il voto slovacco è anche un primo test per l’efficacia delle nuove regole UE contro la disinformazione. I dirigenti di Twitter/X non si sono presentati.

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Un comizio di Robert Fico

  • EBU

Fico è in testa nei sondaggi e può vincere, ma cosa farà davvero dopo? Secondo Bardy nessuno lo sa: “E’ il più grande trasformista della politica slovacca. Può essere chiunque vuole. Per un attimo è il più grande pro-europeo, cinque minuti dopo è contro l’UE. Può dire che è per Putin e cinque minuti dopo dire che la Russia è nemica dei paesi democratici”.

Probabilmente la dimostrazione migliore di questa ambivalenza è il fatto che dentro o comunque vicini al partito rimangano figure importanti e note a livello internazionale come Miroslav Lajcak, già ministro degli esteri con Fico, poi presidente dell’Assemblea generale dell’ONU e alto rappresentante della comunità internazionale per la Bosnia Erzegovina. O il vicepresidente della Commissione europea Maroš Sevčović, che tra le altre cose si occupa dei rapporti con la Svizzera. Entrambi però mantengono un profilo basso e non hanno partecipato alla campagna elettorale. L’ufficio di Sevčović ci ha anche fatto sapere che il vicepresidente non è iscritto al partito, ma sul sito di Smer partito c’è un link alla sua pagina Facebook.

Quel che è sicuro è che Fico non avrà i numeri per governare da solo, a differenza di Orban in Ungheria, dove il governo si regge formalmente su una coalizione ma è Fidesz a prendere le decisioni importanti. Bisogna dunque vedere quali altri partiti si aggiudicheranno i 150 seggi della “Národná rada”. Il partner di coalizione più probabile è il partito ‘Hlas’ (La Voce) dell’ex premier Peter Pellegrini (lontane origini italiane) che si è chiaramente espresso per l’UE, l’Ucraina e la NATO e che - se non esclude di poter governare con Smer - metterebbe per lo meno molti paletti. In alternativa, Fico potrebbe aprire all’estrema destra: in Slovacchia si presenta in una ricca varietà di denominazioni, comprese alcune così estremiste da essere snobbate persino dalle famiglie europee della destra radicale. Così facendo però diventerebbe ancora più imbarazzante di quanto già non sia per i socialisti europei, che per anni hanno rimproverato al PPE di essersi tenuti in casa Orban in nome del potere.

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Il direttore dell'Associazione slovacca per la politica estera, Tomáš Stražay

  • David Horinek RSI

Ma ci sono anche altri fattori mitiganti. “Da un punto di vista militare abbiamo dato a Kiev quasi tutto quello che potevamo dare”, ci spiega il direttore dell’Associazione slovacca per la politica estera Tomáš Stražay. “Fico potrebbe tagliare altri tipi di sostegno, come quello umanitario, ma faccio fatica a immaginare che possa mettere il veto alle forniture UE o NATO. Quanto alle munizioni e ad altro materiale bellico che viene prodotto dall’industria slovacca degli armamenti, si tratta di compagnie private che con l’Ucraina hanno accordi commerciali. Il governo le fermerebbe? Andrebbe contro anche agli interessi economici”.

Fico il trasformista potrebbe insomma trasformarsi di nuovo dopo il voto. Chi non si trasformerà sono i suoi elettori, con il disorientamento e la frustrazione che provano e che non sono un’esclusiva slovacca. La guerra in Ucraina per loro è già durata anche troppo.

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