Niente autocritica, anzi. “Non rimpiangerò certamente di aver proposto dei compromessi fino all’ultimo giorno di questa coalizione”, ha detto Olaf Scholz parlando al Bundestag mercoledì pomeriggio per la prima volta da quando è scoppiata la crisi di Governo in Germania, scatenata dall’uscita dei liberali dopo l’allontanamento del ministro delle finanze Christian Lindner, di fronte a divergenze ormai insormontabili in materia di spesa pubblica. Il cancelliere ha teso la mano all’opposizione invitandola ad agire insieme, a “sfruttare il tempo che rimane per far passare riforme importanti per il Paese”.
Ma anche se il voto di fiducia - che Scholz perderà quasi certamente - è in calendario solo per il 16 dicembre e se per le elezioni bisognerà attendere il 23 febbraio, la campagna è ormai lanciata e il leader della CDU Friedrich Merz si è dimostrato poco conciliante nei confronti del rivale socialdemocratico. “È stato lei a dividere il Paese, a condurlo nel caos e nell’ingovernabilità”, ha detto Merz rivolgendosi a colui che potrebbe essere il suo predecessore. Se si crede ai sondaggi, i cristiano-democratici vinceranno infatti le prossime legislative con oltre il 30% dei suffragi, davanti all’estrema destra dell’AfD e doppiando i socialdemocratici.
Questi ultimi potrebbero profilarsi come alleati in una riedizione della “Grosse Koalition”, ma è ancora tutto da vedere. Prima la SPD dovrà chiarire con quale candidato di punta vorrà presentarsi alle urne: non è scontato che sarà di nuovo il 66enne Scholz, non pochi esponenti preferirebbero il ministro della difesa Boris Pistorius, che ufficialmente non si è comunque ancora fatto avanti.
Merz si è detto aperto soltanto a discutere della disposizione costituzionale che fissa allo 0,35% del PIL il tetto del disavanzo pubblico. Una soglia superata in maniera “straordinaria” per far fronte prima alla pandemia e poi alla crisi energetica consecutiva all’invasione russa dell’Ucraina. Ma Lindner non era disposto a nuove eccezioni per garantire maggiore sostegno a Kiev, aveva imposto una sorta di “o noi o loro” chiedendo in cambio un taglio ad altre voci di spesa, sociale compresa, e questo ha contribuito a far crollare la “coalizione semaforo”.
Scholz voleva proseguire negli aiuti al Paese in guerra ma senza risparmi che potessero favorire il malcontento sociale nella prima economia d’Europa, in piena deindustrializzazione e che si avvicina a chiudere un secondo anno consecutivo in recessione. Questo avrebbe favorito la crescita dell’Alternative für Deutschland, che in alcuni Land dell’est ha ottenuto risultati storici alle elezioni regionali di settembre.
Questi saranno temi centrali anche nella campagna elettorale, assieme ai timori di una guerra commerciale con gli Stati Uniti, dopo il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump che promette dazi alle importazioni anche europee. Il modello economico tedesco è fortemente basato sulle esportazioni e le intenzioni del magnate costituiscono quindi una importante minaccia. Scholz ha detto che mantenere buone relazioni con Washington sarà importante, ma anche che in caso di vertenze Berlino non sarà sola e potrà contare su un fronte comune europeo.
Germania al voto in febbraio
Telegiornale 12.11.2024, 20:00