La seconda guerra del Golfo iniziata la mattina del 20 marzo 2003 dopo un ultimo rifiuto di Saddam Hussein di abbandonare il potere e andare in esilio, la caduta del raìs, la guerra civile seguita all'invasione americana e l'arrivo dell'IS hanno soffocato l'Iraq, che dopo un recente e lungo stallo politico e rinnovate, violente proteste, rischia di avere davanti a sé un futuro ancora molto cupo. Per economisti ed esperti di politica la prima causa è la corruzione, la peggiore piaga nel paese.
L'Iraq sembra un paese maledetto. Tutte le volte che, cadendo, prova a rialzarsi, cade di nuovo. Indebolendosi sempre di più, schiavo della sete di potere di molti. "Dal 2003 ci sono stati cambiamenti importantissimi, sia buoni che cattivi. Quelli negativi però sono i problemi di sempre, come la corrente che spesso manca, le strade da rifare, l'analfabetismo, e poi i diritti umani che non vengono rispettati. Le persone vengono ancora arrestate, sequestrate o scompaiono…molti iracheni oggi dicono che si viveva più pacificamente sotto Saddam. Non meglio, ma più pacificamente". A sostenerlo è Mazin Al Eshaiker, politico indipendente iracheno-americano, ed esperto di economia, fuggito ancora adolescente in California, perché i genitori temevano che "parlasse troppo", criticando apertamente il governo. Una pratica pericolosa quando comandava il raìs, ma con la sua caduta, Al Eshaiker ha deciso di tornare in patria.
Saddam Hussein sottoposto a controlli medici poco dopo la cattura in un villaggio vicino alla sua città natale Tikrit avvenuta il 13 dicembre 2003, dopo una fuga di 8 mesi, iniziata con la caduta di Baghdad il 9 aprile
"Di positivo invece c'è che oggi si conosce il mondo - continua -. Non è come quando c'erano solo due canali televisivi e l'indottrinamento del partito Baath di Saddam Hussein. I giovani di oggi non sanno nemmeno chi fosse, in compenso hanno la mente più aperta, usano internet, guardano film stranieri, studiano. Vedono come vivono gli italiani, gli svizzeri, gli argentini. Loro, costruiranno il nuovo Iraq".
Una nazione tuttora imprigionata da avidità e interessi privati
"Io la politica di questo Iraq la definisco cleptocrazia - afferma alla RSI -. L'Iraq non è una teocrazia, non è una democrazia, non è un'autocrazia ma una cleptocrazia, e questa è una vergogna. La corruzione è dominante….In passato c'era un ladro solo, si usava chiamare Saddam mister 10%, perché per ogni contratto pubblico, lui si intascava quella quota. Oggi abbiamo non uno, ma migliaia di ladri".
Il più grave scandalo di corruzione risale all'anno scorso. È stato talmente grave da essere stato chiamato la "rapina del secolo". Banchieri, politici, funzionari pubblici e uomini d'affari hanno sottratto alle casse dello Stato almeno 2,5 miliardi di dollari. Una vicenda dalla quale emergono particolari sempre nuovi, mentre c'è chi dice che quella fosse solo una minima percentuale di ciò che in questi 20 anni è stato rubato con la complicità di quelli che contavano, e che contano.
"L'unica speranza – conclude Mazin Al Eshaiker - sono i giovani, quelli delle proteste del 2019. Loro sì che possono cambiare. Però servono modelli etici, modelli positivi…."
Ancor più profilato il giudizio di Mahmood Daghir, presidente della Al Janoob Islamic Bank e professore di economia. Per lui, l'arrivo degli americani ha portato invece il paese al disastro totale.
"C'è questo squilibrio tra il settore petrolifero, la ricchezza dell'Iraq e altri settori come le infrastrutture e l'agricoltura, gli investimenti. Tutta la struttura del paese si regge sulla spesa del governo, che dipende dalle esportazioni del nostro petrolio. E lo squilibrio si deve all'invasione americana, che ha distrutto tutto, l'esercito iracheno, i civili. I maggiori esperti hanno lasciato l'Iraq e ora ne paghiamo le conseguenze, come la corruzione dei partiti politici, che controllano l'economia del paese".
La situazione non lascia molte speranze."Gli americani - e i seguaci degli americani, che dominano in Iraq – sono venuti qui, hanno distrutto tutto ma senza un piano per ricostruire - sottolinea . E poi hanno preso chiunque, dalla strada, dall'estero o da altri paesi, e li hanno chiamati 'opposizione'. Per questo non ci può essere progresso; certo ci sono molti soldi ma abbiamo una crisi idrica, mancano infrastrutture, crisi alle frontiere. E' tutto gestito da partiti, divisi tra quelli pro Iran e quelli trainati dall'Arabia Saudita. Per questo non ci potrà mai essere un vero sviluppo".
Ritiro USA dall'Iraq
Telegiornale 27.07.2021, 12:30
Il cambiamento, aggiunge ancora Mahmood Daghir - ma lo sostengono in molti - può passare solo attraverso una svolta politica radicale. Istituendo nuove elezioni ed eliminando il settarismo, oltretutto armato, dalla politica.
Una visione forse troppo lungimirante per una nazione che non è ancora riuscita a fare realmente i conti col passato.