Israele: Corte suprema invalida riforma giudiziaria

Per otto voti contro sette, la Corte suprema israeliana ha invalidato una disposizione chiave nella riforma giudiziaria varata negli scorsi mesi dal Governo Netanyahu. I giudici hanno cancellato la norma che prevedeva di togliere al potere giudiziario la facoltà di pronunciarsi sulla “ragionevolezza” delle decisioni dell’Esecutivo o della Knesset, il Parlamento israeliano.

La norma era uno dei motivi centrali di scontento per le persone che a centinaia di migliaia erano scese in piazza per settimane, ogni settimana, affermando che togliere ai giudici il potere di analizzare la ragionevolezza degli atti avrebbe aperto la porta a corruzione e nepotismo. Tra loro anche molti riservisti dell’esercito.

I giudici hanno anche deciso, per 12 voti contro tre, che la Corte ha la necessaria competenza a giudicare ed eventualmente a invalidare le leggi costituzionali dello Stato di Israele, atti legislativi di rango superiore alle leggi ordinarie.

La legge era parte di una riforma generale del sistema giudiziario israeliano annunciata subito dopo l’insediamento del governo, un anno fa, ma il cui completamento è stato messa in pausa dopo l’attacco del 7 ottobre scorso di Hamas e la guerra nella Striscia di Gaza. Anche le proteste sono state sospese.

Si tratta evidentemente di un duro colpo al progetto del Governo Netanyahu, che affermava di voler riequilibrare il peso delle istituzioni riducendo le prerogative, molto estese, della Magistratura. Il ministro della giustizia, appresa la notizia, ha accusato la Corte di “arrogarsi tutti i poteri”. Per Netanyahu e i suoi alleati, l’estrema destra religiosa, l’ultima parola sulla legalità della legislazione dovrebbe spettare al Parlamento.