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Kosovo-Serbia, situazione sempre incandescente

Pristina chiude il principale valico di frontiera – USA e UE chiedono “de-escalation incondizionata” mentre Mosca ribadisce il sostegno a Belgrado

  • 28 dicembre 2022, 17:21
  • 20 novembre, 14:07
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Il valico di Merdare, chiuso da Pristina

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Di: AFP/ludoC 

Il Kosovo ha chiuso mercoledì il suo principale valico di frontiera con la Serbia, quello di Merdare, dopo che i serbi vi hanno eretto delle barricate, sulla scorta di una delle peggiori crisi degli ultimi anni nella regione.

La tensione non accenna dunque a scendere, tanto che gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno chiesto, congiuntamente, un’immediata “de-escalation incondizionata”. Dichiarazioni che fanno seguito a quelle della prima ministra serba Ana Brnabic, che la scorsa settimana ha affermato che si è sull’orlo “di un conflitto armato”.

Dallo scorso 10 dicembre, centinaia di serbi del Kosovo hanno eretto barricate nel nord del Paese per protestare contro l’arresto di un ex poliziotto serbo, paralizzando così il traffico in due valichi di confine. Inoltre, la polizia kosovara e le forze di pace internazionali presenti nella regione hanno subito diversi attacchi. Nel frattempo, il presidente serbo Aleksandar Vučić ha ordinato lo stato di massima allerta delle forze armate.

La chiusura del valico di Merdare è stata deciso dopo che ieri sera, martedì, decine di persone che manifestavano sul lato serbo hanno bloccato il traffico veicolare. "Questo blocco illegale ha impedito la libera circolazione di persone e merci, pertanto invitiamo i nostri cittadini e connazionali a spostarsi attraverso gli altri valichi di frontiera", ha dichiarato la polizia kosovara in un comunicato.

Pristina ha anche chiesto alle forze di pace della NATO (KFOR) di rimuovere le barricate, ma il ministro della Difesa serbo Milos Vucevic ha dichiarato per parte sua che il blocco delle strade è un mezzo di protesta "democratico e pacifico" e che Belgrado sta mantenendo aperta la linea di comunicazione con le diplomazie occidentali per risolvere la crisi.

Proteste scatenate dalla decisione di vietare le targhe serbe

La Serbia, lo ricordiamo, non riconosce l'indipendenza (proclamata nel 2008) della sua ex provincia meridionale, popolata a stragrande maggioranza da albanesi, e incoraggia i 120'000 serbi che ancora vivono lì a sfidare le autorità locali. Allo stesso tempo, Pristina sta cercando di affermare la propria sovranità sull’intero territorio.

All'inizio di novembre, centinaia di agenti di polizia serbi integrati nella polizia del Kosovo, così come giudici, procuratori e altri dipendenti pubblici, hanno lasciato in massa il loro lavoro: si è trattato di un’azione di protesta contro la decisione – nel frattempo sospesa - di vietare ai serbi del Kosovo l’uso di targhe serbe.

Berlino deplora le proteste, Mosca invece sostiene Belgrado

Sempre oggi, Berlino ha espresso preoccupazione per il “pessimo segnale” dato dal rafforzamento della presenza militare serba al confine, denunciando la retorica “nazionalista” di Belgrado.

La Russia ha invece ribadito il suo sostegno alla Serbia in questa crisi. Abbiamo strette relazioni di "alleanza, storiche e spirituali con la Serbia", ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, aggiungendo che la Russia sta seguendo "molto da vicino ciò che sta accadendo e come vengono garantiti i diritti dei serbi". "E, naturalmente, sosteniamo Belgrado nelle azioni che sta intraprendendo", ha sottolineato, aggiungendo che “è naturale per la Serbia difendere i diritti dei Serbi che vivono in Kosovo" e "reagire severamente quando questi diritti vengono violati". Riferimenti, non troppo velati a quanto fatto da Mosca con la sua “operazione militare speciale” in Ucraina, lanciata anche, stando alle parole del presidente Putin, per difendere le popolazioni russofone nel paese invaso.

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Telegiornale 27.12.2022, 21:00

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