La recente visita del ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba in Cina è uno dei vari segnali che indicano come la posizione di Kiev alla ricerca di un approccio per la risoluzione del conflitto con la Russia stia probabilmente cambiando in modo più pragmatico. Se il capo di Stato cinese Xi Jinping aveva boicottato la conferenza sulla pace in Svizzera dello scorso giugno, con tanto di rimostranze del presidente Volodymr Zelensky che aveva accusato sostanzialmente Pechino di stare dalla parte di Mosca, ora il tono è mutato e le dichiarazioni dei vari attori hanno confermato la tendenza già in atto da alcune settimane, quella cioè di un’apertura da parte dell’Ucraina al dialogo con la Russia.
La missione di Kuleba
Dopo la conferenza al Bürgenstock, dove l’assenza di Russia, Cina e di altri grandi paesi, a partire da quelli del cosiddetto Grande sud, aveva evidenziato la netta spaccatura tra il blocco fra l’Ucraina e i suoi alleati occidentali con il resto del mondo, a Kiev è sorta la necessità di rimodulare la strategia, in primo luogo diplomatica. Due anni e mezzo di guerra hanno dimostrato come l’alleanza tra Pechino e Mosca sia in realtà molto solida, sia in relazione alla scacchiera ucraina, sia a quella internazionale, dove l’obbiettivo comune è quello della relativizzazione dell’egemonia statunitense nella prospettiva di uno spostamento accelerato degli equilibri geopolitici verso un mondo multipolare.
Alla luce di questo, una soluzione del conflitto tra Kiev e Mosca è impossibile senza la mediazione di Pechino, considerando anche il fatto che la Cina è un membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU e perno fondamentale nel sistema di sicurezza e di garanzie internazionali, presente e futuro. Ecco perché Kuleba, che ha incontrato il ministro degli Esteri Wang Yi, ha parlato della ricerca di un terreno comune per la risoluzione del conflitto. Al momento però le formule della diplomazia rimangono molto vaghe e i rispettivi interessi ancora tutti da conciliare. La Cina già lo scorso anno aveva definito chiaramente la propria posizione in un documento in dodici punti che invitava le parti in causa a cessare le ostilità e ad avviare trattative.
La pace giusta
La possibilità di una conferenza di pace con la partecipazione della Russia era stata già evocata dal capo dell’Ufficio presidenziale di Zelensky, Andrey Yermak, dopo la conferenza al Bürgenstock. In seguito, vi erano state diverse aperture anche da parte dello stesso capo di Stato ucraino. La visita di Kuleba in Cina alla ricerca di un appoggio può essere considerata quindi l’inizio di un’operazione concreta dove però mancano ancora tutti i contenuti. Il ministro degli Esteri ucraino ha affermato che una pace giusta sia negli interessi strategici di Pechino e Zelensky ha sottolineato come ci sia un chiaro segnale che la Cina sostenga l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma la posizione ufficiale di Kiev è ancora quella di non voler concedere nulla alla Russia. Per adesso la linea di Zelensky, al di là delle ipotesi ventilate di colloqui diretti con Mosca, rimane quella della volontà di riconquistare i territori perduti, dal Donbass alla Crimea.
Se l’originario piano di pace di Zelensky, presentato nell’autunno del 2022, prevedeva l’inizio dei colloqui di pace con la Russia dopo il ritiro delle truppe dal suolo ucraino, ora pare, evidentemente, che il dialogo possa iniziare con un’altra tempistica. Dato che si parla già di una possibile conferenza a novembre con la partecipazione di Mosca, Kiev, seppur indirettamente, mette in conto appunto che il tavolo delle trattative possa essere aperto alle condizioni attuali, valutando che nei prossimi tre-quattro mesi non ci saranno grandi cambiamenti al fronte. Sull’altro lato Vladimir Putin ha chiarito più volte che eventuali negoziati dovranno partire dallo status quo, cioè dall’annessione di quattro regioni ucraine e della Crimea, con la richiesta fondamentale che l’Ucraina rimanga lontana dalla NATO. In vista di un trattative, Ucraina e Russia dovranno prepararsi a discutere di questioni concrete, cioè di territori e garanzie di sicurezza condivise.
Ma la pace giusta è una questione di prospettiva: sarà tale per chi riuscirà a imporla, non per chi la subirà. Al di là di come e quando ciò potrà avvenire.
Da Mosca segnali di apertura verso un dialogo di pace
SEIDISERA 25.07.2024, 18:27
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