Prima l’invasione dell’Ucraina, poi il conflitto tra Israele e Hamas. Si moltiplicano i fronti di crisi, si moltiplicano le necessità di sostegno militare degli Stati Uniti. E in Asia c’è chi teme di perdere posizioni nelle priorità di Washington. “L’Asia orientale rischia di essere la nuova Ucraina” ha d’altronde avvisato nel 2022 il premier giapponese Fumio Kishida. Gli USA provano a rassicurare gli alleati asiatici col viaggio del segretario di Stato Antony Blinken tra Giappone, Corea del Sud e India.
A Tokyo, Blinken ha partecipato alla ministeriale del G7 e incontrato Yoko Kanikawa, nominata ministra degli Esteri lo scorso settembre. Il Giappone è il paese asiatico che più (e prima) di tutti si è allineato agli USA su Russia e Cina, iniziando il superamento della costituzione pacifista per far fronte a uno scenario di sicurezza preoccupante tra isole contese con la Cina, allineamento sinorusso, tensioni su Taiwan e missili nordcoreani. Blinken ha confermato l’impegno a sostenere la difesa giapponese e a lasciare maggiore libertà al dispiegamento di forze e mezzi autoctoni, a partire dal migliaio di missili a lungo raggio che verranno schierati da Tokyo nei prossimi anni.
Sia con Kanikawa che col sudcoreano Park Jin, Blinken ha insistito sulla necessità di cooperazione trilaterale, suggellata dal summit di Camp David dello scorso agosto. È questa la priorità degli Stati Uniti: il rafforzamento del coordinamento tra Giappone e Corea del Sud, essenziale per controbilanciare il maggiore allineamento tra Cina e Russia. Da Seul sono arrivate rassicurazioni. Il presidente conservatore Yoon Suk-yeol ha sfidato l’opinione pubblica rinunciando al risarcimento per gli abusi dell’occupazione coloniale giapponese, pur di ottenere il riavvio dei rapporti e non diventare “periferia” degli interessi USA in Asia orientale. Yoon e Kishida terranno peraltro un bilaterale a margine del summit della Cooperazione Economica Asia Pacifico (APEC) della prossima settimana a San Francisco. Washington vede di buon occhio tutte le iniziative bilaterali o minilaterali tra i partner asiatici, cruciale completamento ai grandi progetti come Quad e Aukus. Solo per restare alla cronaca recente, hanno stretto nuovi accordi militari sia Corea del Sud e Australia che Giappone e Filippine.
L’ultima tappa di Blinken è stata a Nuova Delhi per il Dialogo 2+2 a cui ha preso parte anche il segretario alla Difesa Lloyd Austin. Si è parlato di fornitura di motori per i jet da combattimento indiani e di droni militari, da utilizzare probabilmente al confine con la Cina. Negli ultimi tre anni ci sono stati diversi scontri lungo la frontiera contesa. Blinken e Austin hanno poi garantito maggiore trasferimento tecnologico, nel tentativo di sganciare l’India dalle forniture militari russe. Storico legame che ha contribuito alla posizione ambigua del premier Narendra Modi sulla guerra in Ucraina. Nella visione di Washington, l’India deve essere non solo un contrappeso politico e militare all’influenza cinese, ma anche diventare un hub economico e tecnologico in grado di attirare investimenti critici fuori dal territorio della Repubblica Popolare. Non a caso si è parlato anche di microchip.
A pochi giorni dal summit di San Francisco tra Xi Jinping e Joe Biden, i paesi asiatici hanno ribadito che non vogliono un confronto diretto con la Cina. Ma hanno chiesto a Blinken la garanzia che gli USA contribuiranno alla loro sicurezza. Non è da escludere che nel prossimo futuro si presentino dei banchi di prova, a partire dal mar Cinese meridionale.
RG 07.00 del 09.11.2023: Blinken sul futuro della Striscia di Gaza
RSI Info 09.11.2023, 07:37
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