Decisi a reagire al disimpegno del presidente USA Donald Trump nei confronti dell’Ucraina, i leader europei hanno dimostrato giovedì la loro determinazione a rafforzare le capacità di difesa del continente, proprio mentre Washington annunciava un nuovo incontro con Kiev in Arabia Saudita. Riuniti giovedì in un vertice straordinario a Bruxelles, i 27 leader dell’UE hanno dato il via libera al piano della Commissione europea “Rearming Europe”, che mira a mobilitare circa 800 miliardi di euro, sottolineando “la necessità di aumentare sostanzialmente la spesa per la difesa”. Invitando la Commissione a tradurre rapidamente queste idee in proposte concrete, si sono impegnati a esaminare in via prioritaria la proposta di rendere disponibili circa 150 miliardi di euro sotto forma di prestiti.
Il vertice Ue concorda i 5 principi per la pace in Ucraina
Nella dichiarazione a 26 sull’Ucraina del vertice Ue, approvata senza l’ungherese Viktor Orban, vengono confermati i cinque “principi” su cui gli europei si riconoscono per arrivare alla pace giusta in Ucraina (così come previsto dalle bozze pre summit) alla luce “del nuovo slancio dei negoziati”. Il primo è “nessun negoziato sull’Ucraina senza l’Ucraina” così come si ribadisce che “qualsiasi accordo deve essere accompagnato da garanzie di sicurezza solide e credibili” per Kiev. Nel testo delle conclusioni i cinque principi vengono indicati uno a uno riaffermando anche la necessità di garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina
Innanzitutto, il testo afferma che “non ci possono essere negoziati sull’Ucraina senza l’Ucraina” e “non ci possono essere negoziati che incidano sulla sicurezza europea senza il coinvolgimento dell’Europa poichè a sicurezza dell’Ucraina, dell’Europa, transatlantica e globale sono intrecciate”. Inoltre, “qualsiasi tregua o cessate il fuoco può avvenire solo come parte del processo che porta a un accordo di pace globale” e “qualsiasi accordo di questo tipo deve essere accompagnato da garanzie di sicurezza solide e credibili per l’Ucraina che contribuiscano a scoraggiare future aggressioni russe”. Infine, ma non per questo meno importante, il documento adottato dai 27 sottolinea e ribadisce che “la pace deve rispettare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”.
La nuova spesa militare Ue
Pe quanto riguarda la nuova spesa militare Ue, altre idee includono la possibilità per gli Stati membri di aumentare in modo sostanziale la spesa militare senza che questa venga presa in considerazione nel calcolo del deficit pubblico, che in linea di principio è limitato al 3% del prodotto interno lordo (PIL). In un cupo discorso televisivo di mercoledì, il presidente francese Emmanuel Macron aveva posto il dibattito in questi termini: “Voglio credere che gli Stati Uniti saranno al nostro fianco. Ma dobbiamo essere pronti se così non fosse”.
Dopo la luce verde al piano ‘ReArm’ proposto dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ora servono i testi legislativi, dunque i dettagli. Arriveranno presto.
“L’Europa affronta un pericolo chiaro, dobbiamo essere in grado di proteggerci”, ha scandito la tedesca Ursula von der Leyen accanto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e al presidente del Consiglio europeo, il portoghese Antonio Costa. “Sentiamo la vostra vicinanza, siamo contenti di non essere soli”, ha ribattuto il leader ucraino, reduce da una settimana a dir poco traumatica dopo l’incontro disastroso avuto con il presidente USA, Donald Trump, secondo il quale Zelensky rappresenta un ostacolo verso la pace con Mosca.
Ecco, il senso del summit - oltre a “scrivere la prima pagina del libro della difesa comune europea”, come spiega un alto funzionario Ue - è proprio quello di riaffermare il sostegno del Vecchio Mondo alla causa ucraina e riprendere il cammino (strettissimo) verso una pace giusta, evitando se possibile la capitolazione. Le discussioni - a tratti segretissime, con solo i leader nella sala, senza assistenti e cellulari - hanno dunque toccato l’ampio spettro delle opzioni da perseguire: rafforzare la mano dell’Ucraina, con nuovi aiuti militari (e qui l’Ue prevede almeno 30 miliardi per il 2025); esplorare le dinamiche della possibile coalizione dei volenterosi disponibile a mettere gli scarponi militari sul terreno una volta raggiunta la pace; coinvolgere Kiev nel piano di riarmo europeo, aprendole la via degli appalti congiunti incentivati dal nuovo fondo da 150 miliardi.
Con un però. Se per la difesa comune sono tutti d’accordo (compreso il premier ungherese Viktor Orban), per la parte delle conclusioni dedicate all’Ucraina, in cui appunto si batte il tasto sul sostegno rinnovato e in cui si enunciano dei principi cardine per la pace (per esempio che “qualsiasi accordo deve essere accompagnato da garanzie di sicurezza solide e credibili”), il magiaro è entrato in conclave puntando i piedi. E non ha voluto sentire ragioni. L’escamotage allora è stata la dichiarazione del presidente Costa, controfirmata dai 26, dimostrazione plastica della spaccatura. Nella pratica cambia poco ma nel lessico europeo suona molto male. E la prassi ora potrebbe persino estendersi ad altre iniziative. “Non abbiamo più tempo. È sempre più difficile superare il blocco di Budapest, ecco perché nella mia proposta per dare un aiuto militare extra all’Ucraina c’è la possibilità di formare una coalizione in modo che un Paese non fermi gli altri”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue, Kaja Kallas. “Puntiamo all’unità ma se non c’è l’Ungheria parla per sé”. Zelensky d’altra parte ha ammonito: entro 5 anni Mosca potrà schierare “300 brigate”. Ovvero dai 900mila a 1,5 milioni di soldati.
I francesi, a quanto si apprende, hanno chiarito che la ‘coalition of the willing’ è “aperta a tutti” ma che al momento è ancora “prematuro” per avere le modalità della missione vera e propria. Però, è il ragionamento, per chiedere la copertura USA - il cosiddetto “backstop” - prima gli europei devono capire cosa offrire. Naturalmente l’eco della proposta del presidente francese Emmanuel Macron di aprire un dibattito sulla condivisione dello scudo atomico di Parigi ha fatto irruzione nei corridoi - il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito la sua lealtà all’ombrello NATO, dunque USA, mentre per il polacco Donald Tusk “vale la pena” prenderla in considerazione - ma non è stata discussa al tavolo dei leader. Anche lì, prematuro.
Passiamo al ‘ReArm Europe’. Al di là dei dettagli (è già chiaro che la possibilità di usare i fondi di coesione non spesi, circa 350 miliardi, per la difesa, sarà decisione di ogni singola capitale) appare assodato che i 27 chiederanno alla Commissione di fare persino di più di quanto proposto. Berlino ha ottenuto un passaggio in cui si chiede di esplorare “ulteriori misure” - seppur garantendo al contempo la “sostenibilità del debito” - per “facilitare una spesa significativa per la difesa a livello nazionale in tutti gli Stati membri”. Persino riaprendo il Patto di stabilità per avere margini maggiori.
Non solo. Non si escludono - dicono fonti bene informate - passi ulteriori sullo strumento di investimento comune, magari arrivando ai sussidi con eurobond oltre che ai prestiti.

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