All’aeroporto militare di El Paso, Fort Bliss, le telecamere delle tivù locali attendono pazientemente. Dopo la fotografia pubblicata dalla Casa Bianca con i primi immigrati illegali, ammanettati ed espulsi con un volo diretto in Guatemala, è qui in Texas che si concentrano le attenzioni mediatiche.
Giovedì sono arrivati 1’500 soldati per dar man forte contro l’immigrazione illegale. Nella città di confine la vita sembra trascorrere tranquilla. Lungo il muro si vedono ogni tanto i fuoristrada della Border Patrol, ma nulla che lasci intuire il giro di vite annunciato da Donald Trump. Non vi sono accampamenti di immigrati come in passato e i due principali centri di accoglienza sono stati chiusi: quello della chiesa del Sacro Cuore già ad agosto (dopo i primi rimpatri voluti da Biden), la Casa dell’Annunciazione ha invece “momentaneamente” dovuto sospendere l’attività perché in causa con lo Stato del Texas che l’ha accusata di ospitare illegali.
Antonio e la moglie Daisy giunti dal Venezuela nel 2023
All’esterno della chiesa c’è Antonio con la moglie e il loro bebè. Viene da Venezuela e teoricamente è un immigrato regolare. Dal 2023, un contingente di rifugiati da Venezuela, Haiti, Nicaragua e Cuba è stato accolto grazie a un programma speciale per ragioni umanitarie. Ma ora Donald Trump ha deciso di sopprimerlo. “Vogliamo solo lavorare, non siamo tutti criminali”, spiega il 23enne, “ma ora molte cose mi passano dalla testa: quando vedi i tuoi connazionali espulsi, pensi che un domani potrà accadere a me”
Il neo-insediato sceriffo della Contea di El Paso, Oscar Ugarte, il primo nato da emigrati messicani
C’è un nuovo sceriffo in città. Si chiama Oscar Ugarte e si è insediato a inizio gennaio; precisa che le forze dell’ordini locali non sono state ancora informate sulla strategia federale contro l’immigrazione illegale. Però, lui stesso di origini messicane, contesta che quella avvenuta negli ultimi anni sia un’invasione. “Ci sono migranti che passano il confine? Certo che sì! – spiega lo Sceriffo – ma parlare di invasione o di pericolo per la nostra comunità a causa loro, no. Questo non è vero”. Vedere l’esercito e la polizia federale anti-immigrazione (ICE) dispiegata nella sua contea lo allarma: “Sono preoccupato perché la nostra comunità avrà paura. L’arrivo di agenti e soldati, creerà apprensione nella nostra contea.”
Il muro tra Stati Uniti e Messico, a El Paso, voluto da Bill Clinton e realizzato nel 2009
Ma nella città texana gli umori stanno cambiando. Molte persone incontrate nel “shopping district” confessano di capire e pure di apprezzare la stretta di Donald Trump. Non a caso il presidente repubblicano ha vinto le elezioni anche in questa contea storicamente democratica (dopo aver perso contro Biden e Clinton nel 2020 e 2016).
La frontiera tra Messico e USA
Oltre la frontiera, dall’altra parte del muro, anche il Messico si prepara alla svolta trumpiana sull’immigrazione. A Ciudad Juárez, poco distante dal Ponte del Norte, si stanno costruendo grandi capannoni in tensostruttura per poter accogliere temporaneamente fino a 2’500 illegali espulsi. I lavori sono iniziati martedì 21.1 e si lavora alacremente anche durante il fine settimana. Altri otto centri di accoglienza sono previsti. Il governo messicano chiama il piano “Il Messico ti abbraccia”. Lo stato di confine è quello che conta il maggior numero di immigrati illegali negli Stati Uniti: circa 4 milioni di persone.
La Casa del Migrante, il più grande centro di accoglienza di Ciudad Juárez
Neppure a Ciudad Juárez si vedono migranti lungo le strade. Ogni accampamento è stato sfollato. La tratta, spesso agli ordini dei Cartelli, viene fermata a duecento chilometri dal confine. Alla Casa del Migrante, il centro diocesano per chi ha intrapreso “el viaje”, sono occupati 125 dei 160 posti disponibili. Quasi tutti avevano intrapreso il regolare processo di domanda d’asilo imposto dagli Stati Uniti, con una richiesta di appuntamento ottenuto grazie all’app CBP one. Da lunedì, giorno dell’insediamento di Trump, l’app non funziona più e le speranze di chi aveva già un appuntamento sono andate in fumo. Un terzo degli ospiti della Casa del Migrante, come Wennifer dal Venezuela, si è vista cancellato il colloquio con le autorità di frontiera. “Avevo una convocazione per mercoledì 22 e da lunedì… più nulla”, racconta al Telegiornale della RSI, e ora le viene solo da piangere: “È come vedersi strappare i propri sogni dalle mani. Io negli Stati Uniti, ho mia sorella... Non la vedo da due anni”.
Wennifer giunta alla frontiera americana dal Venezuela
I sogni sono spiaggiati. Per loro inizia un’attesa, fatta di rassegnazione e fiducia. Di “volver”, di tornare indietro non se ne parla.
David da El Salvador
David è giunto al confine americano da El Salvador. Quando aveva lasciato la sua famiglia e la sua casa Donald Trump era già stato eletto. “In noi, spiega, c’era la speranza che Dio avrebbe toccato il suo cuore e non avrebbe rimosso il CBP in modo che potessimo continuare a entrare legalmente, come aveva fatto il presidente John Biden”. Ma anche dopo lo “stato d’emergenza al Confine” dichiarato dal presidente americano non si dà per vinto e aspetta. Una situazione di incertezza a cui i migranti paiono abituati.
Padre Francisco Bueno, responsabile de La Casa del Migrante costruita 35 anni fa a Ciudad Juárez
“Noi la chiamiamo “calma tesa”, ci dice padre Francisco Bueno, responsabile della struttura d’accoglienza; “Non stiamo parlando di una crisi, ma di una realtà che stiamo vivendo da molti anni, almeno una quindicina. L’emergenza a Juárez non si è mai fermata, anche se i numeri a volte diminuiscono, a volte aumentano”.
Una “calma tesa”, un caos calmo, tra disincanto e speranza. Così pare essere accolta la decisione unilaterale americana contro l’immigrazione. Giovedì il Messico e ieri inizialmente la Colombia (prima di piegarsi alle minacce di ritorsioni USA) avevano negato l’atterraggio ad aerei militari statunitensi carichi di illegali. Finora dagli Stati Uniti sono decollati solo i due postati sui social media dalla Casa Bianca verso il Guatemala, ma la presidenza Trump è iniziata da soli sette giorni.