Diciotto miliardi di dollari annui di importazioni cinesi saranno colpiti dai dazi annunciati martedì dal presidente statunitense Joe Biden, che aprono un nuovo capitolo nel confronto economico fra Washington e Pechino. “La Cina bara (...), dobbiamo proteggere imprese e lavoratori statunitensi”, ha dichiarato il capo dello Stato. La mossa arriva infatti con un occhio rivolto certo alla Cina ma con l’altro verso l’economia statunitense che Biden afferma di voler proteggere da una concorrenza sleale. Il protezionismo gode di ampio sostegno politico e fa guadagnare punti in vista delle elezioni di novembre. Anche lo sfidante Donald Trump - che durante il suo mandato aveva adottato provvedimenti simili - aveva di recente affermato che, in caso di ritorno alla Casa Bianca, avrebbe a sua volta imposto dazi sulle importazioni cinesi.
Nel dettaglio, dalla decisione di Biden - che nega di volere una “guerra commerciale” - sono toccati settori considerati strategici come quello delle automobili elettriche - per le quali le barriere commerciali sono quadruplicate raggiungendo il 100% - i semiconduttori (dal 25 al 50%), le batterie al litio, i metalli come acciaio e alluminio (dal 7,5 al 25%), i pannelli solari di cui la Cina è primo produttore mondiale, ma anche siringhe e mascherine.
Il Ministero del commercio cinese ha espresso la sua “forte disapprovazione”, accusando Washington di “politicizzare e strumentalizzare i dossier economici”, non in linea con “lo spirito di collaborazione” dell’incontro fra Biden e Xi Jinping lo scorso anno. Pechino minaccia ritorsioni: “Prenderemo misure decise in difesa dei nostri interessi”, ha fatto sapere.
Nel settembre scorso anche la Commissione europea aveva annunciato l’apertura di un’inchiesta sulle sovvenzioni cinesi al settore delle auto elettriche. La presidente Ursula von der Leyen si era detta pronta a “decisioni ferme” per proteggere economia e sicurezza” dell’UE. Ma secondo attori del settore come il patron di BMW Oliver Zipse, Bruxelles rischia di spararsi da sola in un piede con questo passo. E martedì sono arrivate due reazioni scettiche all’annuncio di Biden, quelle del premier svedese Ulf Kristersson e del cancelliere tedesco Olaf Scholz, in visita a Stoccolma.
“Non è una buona idea quella di smantellare il commercio mondiale”, ha dichiarato in particolare il primo, mentre Scholz ha ricordato che il 50% delle auto elettriche che partono dalla Cina escono da fabbriche di costruttori occidentali. I numeri: l’anno scorso, secondo l’ONG Transport & Environment, il 20% delle auto elettriche vendute nell’UE - 300’000 unità - era stato costruito in Cina, e di questo 20%, più della metà era di marchi occidentali come Tesla o la già citata BMW. Si tratta di un mercato fortemente interconnesso: basti pensare che la marca svedese Volvo è nelle mani della cinese Geely e che vende il 42% della sua produzione in Europa - dove sta costruendo la sua terza fabbrica - e il 24% in Cina dove ne ha già tre.
USA: nuovi dazi su importazioni dalla Cina
Telegiornale 15.05.2024, 12:30