Domani e domenica Papa Francesco sarà in Irlanda. Avrà a che fare con un Paese ferito, disilluso dal passato della sua Chiesa, un passato in cui si intrecciano misfatti (la pedofilia) e imbarazzanti silenzi (la gerarchia cattolica, ma anche le famiglie che guardavano da un’altra parte). Quella irlandese - lo ha dimostrato il recente voto sull’aborto - è una società che si sta sbarazzando velocemente del suo padre nobile, dell’istituzione faro per secoli, per guardare ad altri orizzonti, apparentemente quelli delle grandi multinazionali come Facebook e Apple che rappresentano la nuova Dublino, giovane, dinamica, senza riferimenti morali vincolanti.
Dalla TV
La sfida del viaggio di Francesco in Irlanda è duplice. Dovrà parlare di pedofilia e dimostrare - una volta per tutte, se fosse possibile - che la Chiesa vuole voltare definitivamente pagina. Gli irlandesi la ritengono una sorta di missione impossibile: oggi la Chiesa locale ha messo in atto un sistema di controllo delle parrocchie e degli istituti che sulla carta, grazie a migliaia di ispettori laici, soprattutto donne, non dovrebbe permettere agli abusi di essere coperti. Un buon sistema, riconoscono i critici della Chiesa, a cui dovrebbe però corrispondere la volontà di aprire i cassetti vaticani, di raccontare tutto ciò che Roma sa, senza attendere di volta in volta lo scandalo per reagire e puntualizzare. Non è successo nel caso Pennsylvania, per questo dubitano che piena luce sia fatta.
E poi ci sono le famiglie, l’obiettivo annunciato della visita del Pontefice. È la loro festa mondiale. C’è una tentazione da evitare assolutamente: pensare la famiglia cattolica, tradizionale, in opposizione alle forme che oggi emergono e chiedono cittadinanza. È la politica dei buoni e dei cattivi, dei fronti contrapposti, raramente porta da qualche parte. Le famiglie che abbiamo incontrato in questi giorni a Dublino nei grandi spazi dedicati all’incontro con il Papa non sono così. Vivono con il sorriso la loro condizione, sanno di potere dare una mano a chi ha bisogno e si rivolge loro, educano i figli a una dimensione etica della vita. Non si arrabbiano se un sacerdote, ieri è successo, sale sul palco e davanti a 1200 persone parla dell’accoglienza delle famiglie LGBT nella Chiesa, suscitando lo scandalo dei più tradizionalisti. Le famiglie di Dublino sentono insomma di avere un valore tra le mani, che non vogliono sperperare in sterili polemiche, ma trasmettere testimoniando ai propri figli e al mondo, rispettando la libertà degli altri di pensarla diversamente.
Bruno Boccaletti