La situazione libica preoccupa sempre più e rischia di innescare, insieme a quella umanitaria, una crisi internazionale. Mentre, infatti, non si arresta l'offensiva del generale Khalifa Haftar, diretta verso Tripoli, contro le forze fedeli al Governo nazionale del premier Fayez al Sarraj, i confini della guerra intestina si allargano ben al di là di quelli geografici dello Stato africano e si inseriscono nello schema di alleanze che si cela ora dietro al generale ora dietro il premier.
Secondo il Wall Street Journal, l'Arabia Saudita avrebbe promesso decine di milioni di dollari ad Haftar per proseguire la sua offensiva su Tripoli.
E sul sostegno all'uomo forte della Cirenaica, in queste ore, è la Francia a finire nel mirino. Parigi ha infatti inizialmente bloccato la dichiarazione UE per il cessate il fuoco, in quanto conteneva un riferimento diretto ad Haftar. Sabato, invece, indiscrezioni pubblicate dal quotidiano italiano Repubblica raccontano che poco prima che partisse l'offensiva dell'Esercito nazionale libico su Tripoli, emissari del generale sarebbero volati a Parigi per avere il placet dell'Eliseo sull'attacco. Ipotesi, questa, che la Francia nega con forza. "Non siamo mai stati avvisati di un'offensiva su Tripoli, che abbiamo condannato sin dal suo inizio", è la smentita del ministero degli Esteri francese.
Sullo scacchiere si muovono anche Italia e Germania. Il premier italiano Giuseppe Conte ha avuto un colloquio telefonico con la cancelleria Angela Merkel venerdì pomeriggio. Con Berlino, sin dall'inizio della crisi, l'Italia condivide una certa neutralità, nonché la convinzione che quella politica sia la sola soluzione percorribile. Certo, ammette Conte, pesano le "influenze esterne", tanto che a Palazzo Chigi sono "continui" i contatti tra gli staff diplomatici di Stati Uniti, Francia e i principali attori internazionali.
Intanto sono migliaia i civili rimasti intrappolati nei combattimenti in corso in Libia, mentre gli sfollati sono già 13'000. E il premier italiano teme lo sviluppo "di una crisi umanitaria che finirebbe per sfinire una popolazione già provata da otto anni di instabilità. In caso di conflitto armato, potrebbero interrompersi le rotte libiche interne di migranti provenienti da altri Paesi, in particolare dell'Africa subsahariana. Ma da Paese perlopiù di transito, la Libia diventerebbe un Paese di partenza delle migrazioni. Questo metterebbe a dura prova un sistema di accoglienza che non funziona ancora a livello europeo".
ATS/ANSA/M Ang.
Tripoli, combattimenti sempre più intensi
Telegiornale 13.04.2019, 22:00