L’85% dei migranti intercettato nella Regione libica di ricerca e salvataggio (SRR) nel Mediterraneo, dopo che nella seconda metà dell’anno questa è stata estesa a oltre 110 miglia di distanza da alcuni dei principali punti di partenza, è stato riportato in Libia. Qui le persone sono state soggette a "incarcerazione in condizioni spaventose". Nella prima metà dell’anno la percentuale raggiungeva solo il 54%.
A dirlo è l’ultimo rapporto dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) intitolato "Viaggi disperati". Una situazione che secondo il documento ha spinto un maggior numero di barconi a cercare di oltrepassare la SRR libica per sfuggire alla guardia costiera del paese facendo rotta verso Malta o l'Italia. “Le ONG – denuncia il rapporto – che tra gennaio e maggio avevano soccorso quasi 5'000 persone, hanno improvvisamente subito nuove restrizioni che hanno ridotto la loro presenza nella zona di soccorso. Le navi mercantili, che prima di giugno avevano salvato quasi 600 persone, d’un tratto sono state costrette a soccorrere oltre 700 migranti nel solo mese di giugno, per poi essere anch’esse sottoposte a limitazioni nell’accesso ai porti”.
Tasso di mortalità più che raddoppiato
Il rapporto si concentra anche sui morti in mare e, se da una parte il numero di migranti morti nel Mediterraneo centrale si è più che dimezzato nel 2018 rispetto al 2017 (la media è stata di sei al giorno per un totale, stimato, di 2'275 vittime annegate), il tasso di mortalità in mare è salito drasticamente: lungo la rotta Libia-Europa si è passati da un decesso ogni 38 arrivi nel 2017 a uno ogni 14 l'anno scorso.
Lo scorso anno sono stati circa 139'000 gli arrivi, il dato più basso degli ultimi cinque anni.
Il bilancio delle vittime è stato particolarmente pesante nel Mediterraneo occidentale, lungo la rotta verso la Spagna, dove il numero dei morti è quasi quadruplicato nel 2018 rispetto al 2017.
Meno sbarchi ma più morti
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Il rapporto dell'Alto Commissariato per i Rifugiati
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