Il reportage

Messico, i soldi che vengono dai migranti

Milioni di famiglie contano sulle rimesse di chi ha passato la frontiera e vive negli Stati Uniti, legalmente e illegalmente

  • 3 novembre, 16:11
  • 11 novembre, 09:32
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Migrazione e "rimesse": il caso del Messico

Telegiornale 30.10.2024, 20:00

Di: Laura Daverio 

Mai come quest’anno il tema migratorio è cruciale per vincere la presidenza negli Stati Uniti. È il cavallo di battaglia di Donald Trump che, ignorando ogni legge migratoria del paese, per non parlare dei diritti all’asilo, equipara ogni migrante illegale a un criminale. Se costruire il muro era stato il motto della sua prima campagna elettorale, questa volta minaccia deportazioni di massa.

Da parte sua, Kamala Harris è rimasta indelebile nella memoria dei paesi con maggiori emigranti per il discorso pronunciato nel giugno 2021 durante il suo viaggio in Guatemala. Semplificando un fenomeno complesso, si è limitata a dire: “Non venite, non venite ….. se arrivate al confine vi rimandiamo indietro”.

Una lunga tradizione

Per i messicani la migrazione verso gli Stati Uniti ha una lunga tradizione ed è parte della cultura tra due paesi interconnessi. Per ogni persona che passa la frontiera, un’intera famiglia cambia vita, grazie alle rimesse che manda ogni migrante. Trasferire soldi a casa garantisce la qualità di vita che un lavoro locale non riesce a dare, e permette di risparmiare per costruire una casa o avviare una attività commerciale. Il sogno è rientrare in Messico dopo qualche anno, avendo conquistato una sicurezza economica impensabile altrimenti.

Negli ultimi 11 anni si è registrata una crescita annuale della quantità di rimesse. Arrivano da vari paesi, ma la prevalenza degli Stati uniti è schiacciante con il 96% del totale. Negli ultimi 5 anni il numero di migranti messicani negli Stati Uniti è passato da poco meno di 12 milioni a 13,6 milioni di persone, che abbiano uno status regolare o no. Durante il mandato del presidente Andres Manuel Lopez Obrador, terminato a inizio mese, le rimesse sono crescite dal 2,8% del PIL nel 2019 al 4,2% nel 2023. In prospettiva,  in Svizzera tutto il settore agricolo costituisce meno dell1% del PIL del paese. 

Una tassa sulle rimesse

Il candidato alla vice presidenza J.D. Vance ha proposto di imporre una tassa su ogni rimessa. Lo stesso Trump aveva fatto una proposta simile nella sua prima campagna presidenziale, il ricavato avrebbe dovuto pagare il muro alla frontiera con il Messico. La proposta dei J.D. Vance rafforza la retorica che lega la migrazione al crimine, dicendo che la tassa serve a colpire le rimesse che in realtà andrebbero al crimine organizzato e non alle famiglie. Al momento non c’è evidenza avvenga su larga scala. È anche vero che il crimine organizzato ha un controllo sempre più serrato sul percorso migratorio, e che i migranti si trovano a dover chiedere continuamente soldi extra per continuare il cammino. A dimostrazione che politiche che puntano solo a bloccare la migrazione, in realtà arricchiscono il crimine.

I migranti non partono alla leggera. Passare il confine illegalmente è sempre più difficile e pericoloso. Non ci sono garanzie né di successo, né di sicurezza personale. Il percorso migratorio è costellato di estorsioni, violenze e sparizioni. Se si passa dall’altra parte del confine, c’è sempre il rischio di essere scoperti e deportati. Non ci sono precedenti per le deportazioni di massa che promette Donald Trump, e sull’impatto economico che avrebbe in Messico, se dovesse vincere nuovamente la presidenza. Ma ancora peggio sarebbe proprio per gli Stati Uniti, dove interi settori contano proprio sulla manodopera illegale. Questi includono gran parte della base fedele a Trump che voterà per lui il 5 novembre, che è poco immaginabile sia disposta a pagare stipendi molto più alti per contrattare lavoratori regolari.

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