A Bodrum, la più famosa località balneare della costa egea della Turchia, l’afflusso massivo di turisti provenienti da tutto il mondo si è fermato.
Sono gli ultimi giorni di un novembre insolitamente temperato. Nelle vetrine delle boutique del corso principale rimangono in bella mostra i prodotti contraffatti delle migliori marche del lusso: Louis Vuitton, Fendi, Rolex e molte altre. Gli stabilimenti balneari e i locali sulla spiaggia cominciano a chiudere i battenti. Nel pomeriggio i pescatori locali si ritrovano al Circolo dei Marinai per giocare a tavla (backgammon).
Osservo tutto questo in attesa di ricevere, molto probabilmente durante la notte, una chiamata dal centro di comando regionale Egeo della Guardia Costiera turca per partecipare a una missione di salvataggio di migranti respinti dalla Guardia Costiera greca, quando intercettati nelle proprie acque territoriali.
"Dal 2019 è cambiata la musica in Grecia" - mi racconta l'ufficiale del comando regionale - "Da quando Kyriakos Mītsotakīs è diventato primo ministro si è interrotta quella comunicazione e collaborazione che, nell’ambito del controllo dell’immigrazione irregolare e delle conseguenti azioni di salvataggio, aveva caratterizzato il periodo precedente".
Violazione del diritto internazionale del mare
A prescindere dai noti accordi stipulati tra Ankara e Bruxelles nel 2016, con cui la Turchia si è impegnata, in cambio di fondi umanitari (6 miliardi di euro), ad impedire l’uscita dai propri confini, terrestri e marittimi, ai migranti che tentino di raggiungere l’Unione Europea, "la Grecia - continua l’ufficiale - viola il prevalente diritto internazionale del mare, respingendo le piccole imbarcazioni di migranti che sfuggono al nostro controllo, spesso, utilizzando contro di loro anche metodi violenti".
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), firmata a Montego Bay (Giamaica) il 10 dicembre 1982 (in vigore dal 16 novembre 1994), impone infatti a qualunque comandante degli Stati che l’hanno ratificata (158, compresi i Paesi della UE) il soccorso alle altre barche e alle persone in pericolo.
Dopo qualche giorno di attesa e un’intera notte di pattugliamento, risultata però alla fine infruttuosa, la telefonata mi giunge alle 23.30 di domenica 27 novembre. Sono in corso diverse azioni di respingimento. L’informazione è giunta, a livello governativo, da Atene ad Ankara che ha poi allertato il proprio comando regionale.
Sono state fornite le coordinate geografiche del punto in cui i migranti verranno abbandonati. In questo caso, infatti, non si tratta di un respingimento "in diretta"; queste persone sono state catturate durante il pomeriggio, riportate a riva, identificate, e poi ancora ricondotte in mare e lasciate nottetempo su zattere gonfiabili dentro le acque territoriali turche.
In salvo
Salvate 27 persone, tutti giovani
Parto dentro la più grande delle tre motovedette messe in azione, insieme all'ufficiale del comando regionale con cui avevo già parlato nei giorni precedenti. Si procede al buio con l’utilizzo del radar, anche le luci di posizione per la navigazione notturna sono state spente. Dopo circa un’ora di ricerche, i sensori e la telecamera a infrarossi identificano due zattere all’interno delle quali si trovano, sotto la pioggia battente, ventisette persone.
L’equipaggio turco li avvicina e li trae in salvo. Sono tutti palestinesi, per lo più giovani di età media inferiore ai trent’anni, ventiquattro ragazzi e tre ragazze. Una di loro racconta, mescolando l’arabo a qualche parola in inglese, che due compagni, a seguito di uno scontro coi militari greci, sono stati gettati in mare. Iniziano le ricerche con l’aiuto di un potente faro ma, dopo un’ora di pattugliamento, ancora nulla. Arriva poi la segnalazione da parte di una delle altre due motovedette: li hanno trovati, erano in tre; due vivi ed interi, uno in gravissime condizioni.
Durante la notte le altre pattuglie hanno salvato altre trenta persone facenti parte della stessa azione di respingimento. Cinquantasette in tutto che verranno riportati in porto, rifocillati, sottoposti a un controllo sanitario, trasferiti nei centri per l’immigrazione irregolare e quindi - forse - rimpatriati.
Molti di loro scapperanno e torneranno in mare, in qualunque condizione, in tutte le stagioni, perché per queste donne e questi uomini (palestinesi ma anche siriani, iracheni, afgani e africani di diversi Paesi) che frequentano il Mar Mediterraneo, per raggiungere le isole da sogno di Lesbo, Chio, Samo, Coo, è sempre alta stagione.
SEIDISERA del 18.12.2022: migranti e rotte terrestri, il servizio di Anna Valenti
RSI Info 18.12.2022, 21:21