Dal 2014 doveva sistematicamente apporre sulle proprie pubblicazioni, sui video che produceva e sui pannelli delle mostre che realizzava la dicitura infamante di “agente straniero”, come prevede la legge. Nell’aprile scorso era stato obbligato a lasciare la sua sede storica di Mosca, diventata punto di ritrovo emblematico della dissidenza. Era lì che nel 2014 era stata installata la camera ardente per il dissidente Boris Nemtsov, assassinato su un ponte davanti al Cremlino. Ora il Centro Sakharov è stato semplicemente chiuso.
Fondato nel 1990 da Elena Bonner – vedova del celebre fisico nucleare, dissidente e premio Nobel per la pace Andreï Sakharov (1929-1989) – per custodire l’archivio e la memoria del marito e tenere alta la bandiera dei diritti umani in Russia, il centro da oggi non esiste più. Il tribunale municipale di Mosca ha accolto la richiesta del ministero della giustizia che aveva parlato di “violazioni sistematiche gravi e irreparabili” della legge sugli agenti stranieri.
Gli ispettori avevano in particolare rilevato che una mostra sull’eredità di Sakharov era stata organizzata fuori dalle regioni di operazione dell’organizzazione non governativa (ONG) indicate nello statuto, come vuole la legge. Uno dei video non riportava la dicitura “agente straniero”. Il centro Sakharov aveva respinto le accuse.
Il direttore del centro, Sergei Lukachevski, in esilio in Germania, aveva detto all’Agence France Presse già in aprile, quando era iniziata l’ispezione ministeriale, che in caso di chiusura il centro si sarebbe riorganizzato come “collettivo”. Ma in Russia, qualunque sia la ragione sociale, la vita non è facile per le voci dissonanti. Dall’inizio della guerra in Ucraina la legislazione è anzi stata adattata per rendere ancora più facile ridurle al silenzio.
Nel 2021 il ministero della giustizia ha ordinato lo scioglimento di “Memorial”, organizzazione che teneva viva la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche. Il Cremlino promuove da tempo un’immagine positiva dell’URSS.
Nel gennaio di quest’anno, con motivazioni analoghe a quelle usate per il centro Sakharov, è stato chiuso il comitato Helsinki di Mosca, la più antica ONG per la difesa dei diritti umani della Russia (i gruppi Helsinki sono nati negli anni 70 nei paesi dell’est per monitorare il rispetto da parte delle autorità comuniste degli impegni sui diritti umani presi con la fima dell’atto finale di Helsinki della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa – CSCE - del 1975).
In aprile è stata chiusa “Sova” (“gufo”) una ONG specializzata nella lotta al razzismo e alla xenofobia.
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Notiziario 18.08.2023, 14:10