Il naufragio del 14 giugno scorso a largo delle coste greche di Calamata verrà ricordato come il più grave di sempre nel Mediterraneo, si stima che oltre 600 migranti siano morti affogati. Il Telegiornale ha incontrato nel suo studio di Atene Lefteris Papagiannakis, direttore del Greek Council for Refugee (GCR) associazione indipendente che presta servizio legale alle vittime di questa tragedia. Una causa contro il Governo greco da parte dei sopravvissuti o delle famiglie delle vittime non è ancora stata aperta, ma il Consiglio sta raccogliendo tutti gli elementi in vista di una possibile futura denuncia penale.
Parlano per la prima volta i minori non accompagnati sopravvissuti
“Le testimonianze che abbiamo raccolto da decine di persone sopravvissute descrivono la stessa cosa: la colpa è della Guardia costiera.” Lefteris Papagiannakis usa parole durissime contro l'autorità greca. Lui è uno dei massimi esperti di migrazioni del paese.
“La settimana scorsa abbiamo visto per la prima volta i minorenni non accompagnati sopravvissuti. Per loro sarà una procedura speciale, a decidere il loro futuro qui in Grecia e il loro ricollocamento sarà il Governo, quindi questo richiederà più tempo a livello legale. Noi abbiamo spiegato loro il nostro ruolo e come possiamo aiutarli. Se loro vorranno lanciare azioni legali noi li sosterremo. Ma per ora non è ancora il caso.”
Sono otto i minorenni non accompagnati sopravvissuti a quel naufragio, hanno tra i 10 e i 16 anni. I migranti maggiorenni sopravvissuti - circa un’ottantina - invece a tempo record hanno ottenuto documenti provvisori. I sopravvissuti hanno infatti avviato la procedura per chiedere l’asilo in Grecia, e quindi ora possono essere liberi di spostarsi per breve tempo in Europa. Molti stando a nostre informazioni sono andati all’estero, la maggior parte in Germania. “Un certo numero di persone è già andato all’estero perché ha ottenuto i documenti necessari in modo da poter viaggiare. Non sappiamo se torneranno in Grecia. Dunque non siamo sicuri sul loro futuro. Molti di loro sono sotto shock, cambiano idea, e non hanno ancora avuto le forze di denunciare, speriamo inoltre di contattare le famiglie delle vittime perché anche loro possono fare denuncia, ma non sarà facile e ci vorrà molto tempo per raggiungerle tutte."
Molti sopravvissuti già in Germania
Stando ad alcuni media come la BBC ad esempio, il fatto che la Grecia abbia dato loro i documenti così velocemente e abbia permesso loro di uscire dal paese è una strategia per inficiare l’inchiesta. "Non so quale sia la strategia del Governo. Ma per noi non cambierà nulla", ci spiega Lefteris Papagiannakis. “Abbiamo ancora contatti con loro. Alcuni hanno visitato recentemente il nostro ufficio per discutere. Se vogliono fare causa contro la Grecia alla Corte europea non è necessario che le persone siano qui, questo non ci impedisce di continuare. Questo se loro vorranno portare il caso davanti a un Tribunale.”
La versione dei testimoni
La versione dei sopravvissuti, ricostruita anche da molti media internazionali come BBC, CNN e New York Times, è sempre quasi la stessa. La nave, chiamata Adriana, è partita dal porto libico di Tobruk con a bordo, si stima, 750 migranti. Era diretta verso le coste italiane. Dopo circa 4 ore iniziano i primi problemi, forse, al motore, e viene lanciato l’allarme. Frontex l’agenzia europea della guardia di frontiera è avvisata. Prima un aereo e poi un elicottero della Guardia costiera greca avvistano la barca. Da quel momento in poi la sua traiettoria è stata uno zigzagare in mare per 6-7 ore. Alcune navi private soccorrono i migranti lanciando acqua e alcuni viveri ma la barca rischia di ribaltarsi. Solo dopo alcune ore la guardia costiera greca raggiunge la barca, e l’aggancia con una corda, forse per portarla nelle acque italiane. L’Adriana con il peso e il marasma della folla si inclina e si ribalta in mare. La Guardia costiera lascia il luogo provocando onde che colpiscono la barca che cola a picco di lì a poco.
Dopo 9 anni la storia si ripete
Una vicenda che ricorda un altro naufragio, sottolinea Papagiannakis. “La nostra associazione non è la prima volta che si occupa di in un caso del genere. Nel 2014 c'è stato un caso molto simile: il cosiddetto naufragio di Farmakonísi. Un piccolo peschereccio con a bordo una trentina di migranti era sempre stato agganciato da un'imbarcazione della Guardia costiera greca ma poi si era ribaltato. In quel caso morirono undici migranti, otto bambini e tre donne. Siamo giunti con questo caso sino alla Corte europea. E dopo otto anni la Grecia è stata condannata per non aver rispettato le procedure. Ma anche per aver messo in pericolo la vita delle persone e per aver trattato i sopravvissuti in modo disumano.”