Volodymyr Zelensky “pronto a negoziati diretti con Vladimir Putin” alla presenza di altri partecipanti (USA e UE), come ha dichiarato in un’intervista concessa a Piers Morgan, sono “parole prive di senso” per la Russia. Questa la reazione del Cremlino per bocca del portavoce Dmitri Peskov. “Il fatto di essere pronto dovrebbe essere basato su qualcosa di concreto”, ha dichiarato Peskov, lasciando intendere di non vedere per ora veri reali segnali in tal senso. Ciononostante, la disponibilità russa a discutere c’è, conferma Peskov, e rispondendo alla domanda se Putin consideri il suo omologo “un nemico” il portavoce ha detto che “non può e non deve esserci spazio per le emozioni ma solo per il pragmatismo”.
Il presidente ucraino aveva fin qui sempre escluso di parlare direttamente con il suo omologo russo e il 4 ottobre del 2022, il primo anno di guerra, aveva firmato un decreto che escludeva qualsiasi trattativa con la controparte. Quella di martedì è la sua prima apertura al riguardo: “Lo farei se fosse l’unico modo per arrivare alla pace e non più perdere gente”.
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Un quadro mutato
Oggi il quadro è mutato per almeno due buoni motivi. Innanzitutto la situazione sul terreno per l’esercito ucraino si fa ogni giorno più difficile, le truppe russe avanzano lentamente ma costantemente lungo tutto il fronte nell’est del Paese, circondando progressivamente Pokrovsk e lambendo ormai il confine con quello che sarebbe il sesto oblast ucraino direttamente coinvolto nel conflitto, quello di Dnipro. Gli altri sono quelli di Donetsk, Lugansk, Zaporizhia e Kherson, dichiarati annessi dalla Russia, e quello di Kharkiv.
Secondariamente, c’è l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, che certo non ha risolto il conflitto in un giorno come aveva promesso in campagna elettorale, e anzi ha minacciato la Russia di ulteriori sanzioni se non si siederà al tavolo delle trattative. Ma allo stesso tempo la pressione su Kiev è evidente e il nuovo inviato statunitense per l’Ucraina, il generale in pensione Keith Kellogg, nei giorni scorsi aveva dichiarato “che elezioni in Ucraina sono importanti per la legittimità della leadership” e quindi degli accordi che le due parti concluderebbero. Una evidente concessione a una delle esigenze di Mosca, che - Peskov lo ha ribadito ancora mercoledì - considera Zelensky illegittimo perché il suo mandato è formalmente scaduto nella primavera dell’anno scorso. I contatti russo-statunitensi su temi precisi, ha dichiarato inoltre il portavoce del Cremlino, “si sono intensificati recentemente”.
Il presidente ucraino sembra quindi vedersi progressivamente tagliato fuori dal suo principale alleato e non a caso nei giorni scorsi è tornato a sottolineare come un’intesa non si possa raggiungere direttamente fra Washington e Mosca, escludendo Kiev. Quanto alle elezioni, ha aggiunto mercoledì “sono importanti e saranno possibili”, ma solo “dopo la revoca della legge marziale”.
Il presidente ucraino insiste ancora sulle garanzie di sicurezza che il suo Paese chiede in caso di cessate il fuoco. Un’opzione sarebbe che Kiev ottenga armi nucleari, un’ipotesi che Peskov ha definito “al limite della follia”.
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