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Sembra un'influenza, ma si muore

Il parere del virologo Fabrizio Pregliasco sul nuovo coronavirus che si sta diffondendo in Cina, Thailandia, Giappone, Corea

  • 20 gennaio 2020, 13:35
  • 22 novembre, 20:09
04:03

RG 12.30 del 20.01.20 L'intervista al virologo Fabrizio Pregliasco, Università degli Studi di Milano

RSI Info 20.01.2020, 13:33

  • Keystone
Di: RG/M. Ang. 

"C'è da preoccuparsi... nel senso che dobbiamo organizzare una sorveglianza a livello globale, come già si sta facendo, rispetto a un focolaio, per ora limitato", così ai microfoni della RSI Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli studi di Milano, sull’epidemia di polmonite scatenata in Cina, da un virus misterioso, e che, nel frattempo, si è già manifestata anche in Thailandia, Giappone e Corea del Sud.

Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli studi di Milano

Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli studi di Milano

"Sicuramente, con la possibilità di viaggiare che esiste oggi - come si è visto con l'esperienza della SARS (si trattava sempre di un coronavirus) e della MERS (un altro coronavirus) - è fondamentale una pianificazione nell'individuazione dei casi. Un’epidemia è come un incendio; inizia da un focolaio, che è stato individuato e che quindi va circoscritto", spiega Pregliasco. "Io vedo l'aspetto positivo, rispetto al passato, proprio perché c'è stata la capacità di evidenziare e circoscrivere l'episodio iniziale".

Non si conosce ancora con esattezza il numero delle persone infettate.

Una passeggera passa i controlli di quarantena all'aeroporto di Narita, in Giappone

Una passeggera passa i controlli di quarantena all'aeroporto di Narita, in Giappone

  • keystone

"I casi notificati, ad oggi sono 200 (ma probabilmente nel passaggio delle ore si avranno aggiornamenti). Questa patologia non è gravissima, si può confondere con un'influenza pesante ed è quindi necessaria una task force per i casi gravi. Bisogna garantire una sorveglianza dei soggetti che hanno avuto contatto diretto con gli infetti, anche per poter investigare meglio su un aspetto che, a oggi, ci tranquillizza, cioè il fatto che non c'è prova di trasmissione da uomo a uomo. Potrebbe però succedere in una fase successiva, se questo virus (è sicuramente una variante nuova) trovasse modo di adattarsi e quindi di creare problemi di controllo e di individuazione dei casi".

Per cosa dobbiamo allarmarci rispetto a un'influenza?

"Dobbiamo preoccuparci di un contagio non controllabile e sicuramente di un aumento del numero di casi, quindi di un peso per la sanità pubblica di tutte queste infezioni respiratorie acute che, ogni anno, causano dolore, ricoveri ospedalieri e, in soggetti più fragili, anche il decesso. Si tratta di una patologia a basso rischio specifico ma che diventa rilevantissima per i suoi effetti sociali, sanitari ed economici", sottolinea il virologo.

In cosa la situazione attuale è simile a quella che abbiamo vissuto anni fa con la SARS? È possibile paragonarla?

"Sì, l'origine è zoognostica, come diciamo, ovvero il fatto che questi virus abbiano come serbatoio alcuni animali (dobbiamo ancora precisare, in questo caso, quali sono, perché l'episodio iniziale è avvenuto in una rivendita di pesce, ma nel sud-est asiatico c’è una vicinanza uomo-animale molto stringente, da qui la possibilità di travaso di contagio trasversale). C'è poi la questione che già si vede adesso, cioè infetti che si "disperdono" nel mondo, perché oggi tantissime persone si spostano a livello intercontinentale nell'arco di poche ore, di pochi giorni. C'è quindi l'esigenza di controllare eventuali focolai secondari, sempre nella metafora dell'incendio, tizzoni che possono in qualche modo far schizzare e diffondere la diffusione di questa patologia".

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