Reportage

Siria, la doppia paura degli alawiti

La minoranza di cui faceva parte anche l’ex presidente Bashar al-Assad teme ritorsioni per i crimini passati del regime e una nuova deriva islamista

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Siria, quale futuro per il paese?

SEIDISERA 29.01.2025, 18:00

  • RSI Naima Chicherio
Di: Naima Chicherio, Inviata RSI in Siria e Libano

È opinione comune, in Siria, che i membri della minoranza alawita fossero in gran parte pro-regime e che abbiano sostenuto o partecipato agli abusi e ai crimini commessi dal clan dell’ex presidente Bashar al-Assad. Tutto falso, secondo molti di loro, fra cui c’è anche Elia, un 39enne della regione di Latakia che descrive un ambiente decisamente pesante.

“Qualche giorno fa, poco distante da casa, alcuni uomini di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) hanno fermato per strada una ragazza perché non indossava il velo. L’hanno umiliata e maltrattata, hanno cercato di toccarla in parti sensibili. Suo fratello ha tentato di aiutarla e l’hanno picchiato - racconta ai microfoni della RSI - Ci ritengono degli infedeli, quindi ammazzare uno di noi per loro è halal. Andrebbero dritti dritti in paradiso. Sono islamisti. Lo si vede da come ci trattano, dalla barba e dall’assenza di baffi. Sono molto spaventato per la direzione che sta prendendo la Siria”.

Gli uomini di HTS arrivano per lo più da Idlib, spiega Elia. La provincia occidentale siriana è stata governata per anni da Ahmed al Sharaa, allora conosciuto come Abu Mohamed al-Jolani, il suo nome di battaglia. Idlib era stata a lui affidata dal Califfo dello Stato Islamico al-Baghdadi, con cui ha presto tagliato i ponti per affiliarsi ad al-Qaida e fondare, poi, Hayat Tahrir al-Sham.

“Al-Sharaa dice di essere cambiato, ma attorno a lui gravitano ancora decine di gruppi radicali che vengono per lo più da fuori e che hanno armi in abbondanza. Il nuovo leader siriano li tiene sotto controllo, ma quanto tempo passerà prima che questi islamisti ricomincino coi rapimenti, le uccisioni e gli sgozzamenti?”.

Elia teme le derive jihadiste, ma i problemi per la sua minoranza sono già molto concreti, perché la maggior parte dei soldati di al-Assad erano alawiti e oggi tutti loro rischiano di pagare per le atrocità commesse dal regime. Ci sono state decine di esecuzioni sommarie di ex ufficiali in poche ore a fine gennaio. Alawiti disarmati hanno subito attacchi e umiliazioni. Si registrano vittime anche fra loro secondo alcune ONG locali.

“Io detesto da sempre gli al-Assad, credo nella democrazia. Sono stato costretto ad arruolarmi, ma non ho combattuto. Lavoravo in una struttura governativa che ospitava gli orfani della guerra, non ho sparato un solo colpo”, spiega Elia, secondo cui attribuire le responsabilità del passato su base religiosa è sbagliato perché anche lui e la sua famiglia sono stati vittime del regime. “Davano alle fiamme i nostri boschi per realizzare i loro progetti immobiliari, per comprare terreni a poco prezzo, per tenerci poveri, per costringerci ad arruolarci. Tutti pensano fossimo privilegiati, ma per Bashar al-Assad non contavamo nulla anche se siamo alawiti come lui”.

Senza un lavoro, senza la possibilità di fondare una famiglia, a quasi 40 anni, Elia passa le sue giornate a raccogliere legna semi bruciata a qualche chilometro da casa, dove recentemente c’è stato un incendio doloso. Nelle aree rimaste verdi, prendere il legname è proibito. “Sono certo che sia stata la famiglia dell’ex presidente”, dice, mentre con le mani annerite, si chiede come farà - dopo due dittature, una guerra e il possibile ritorno di fazioni islamiste – a permettersi di sognare ancora.

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