“Qui non potevamo avere formaggio o cioccolato svizzero. Era proibito importare qualsiasi bene, alimentare e non, doveva essere tutto siriano”. Eimad è impiegato in un minimarket a Damasco, capitale siriana. Oggi al negozio, mostra con felicità la varietà dei prodotti in vendita. C’è di tutto. C’è effettivamente anche cioccolato di una nota marca elvetica, ma fino a neanche due mesi fa, lui, qualsiasi suo collega o il suo capo per questo potevano finire in prigione.
In questo negozio i controlli delle autorità, alla ricerca di merce importata, erano continui
“Gli agenti del regime arrivavano all’improvviso, ci obbligavano ad uscire, chiudevano tutte le porte, passavano il negozio al setaccio e, se trovavano qualcosa di importato, si portavano via uno di noi a cui toccava poi pagare un sacco di soldi per tirarsi fuori dai guai”. E in questo negozio, un anno fa, è ciò che è effettivamente capitato, spiega alla RSI il proprietario Abdurrahman, che oggi si fa grandi risate parlando del passato.
A volte – spiega – riuscivano a trattare con gli agenti, che in cambio del silenzio incassavano soldi, ma solo se venivano a controllare di loro spontanea volontà. Dovevano essere irremovibili se invece ce li mandava qualcuno. E le segnalazioni potevano arrivare anche da un vicino arrabbiato o invidioso, alimentando così un clima di sospetto e di vendette personali.
“Era un rischioso sgarrare, ma era pur sempre un gioco fra le parti”, dice Abdurrahman. “I soldi fatti coi beni esteri ci permettevano di risolvere la situazione, certo a caro prezzo, ma comunque ci guadagnavamo perché questi prodotti erano il 70% del nostro fatturato. Dal canto suo, il regime raramente teneva in prigione qualcuno per lungo tempo per queste violazioni e così noi siriani continuavamo a rischiare e a importare beni esteri, a pagare e ad arricchire Bashar al-Assad e i suoi uomini”.
La Siria è uno Stato fallito. Lo stipendio medio degli impiegati pubblici è di 30 franchi soltanto. Un venditore ne prende al massimo 80, mentre un affitto a Damasco costa circa 200 franchi. La Lira siriana è carta straccia, si gira con impressionanti mazzette di soldi che non valgono nulla. Impossibile vivere così. Anche usare i dollari, una moneta decisamente più stabile, era proibito e poteva farti finire in prigione. I siriani non potevano neanche dire la parola “dollari”. Al telefono parlavano in codice.
“Eravamo costretti a violare le regole per sopravvivere. Oltre 50 anni di dittatura e la guerra ci hanno ridotti malissimo. Beni fondamentali come pane, zucchero e benzina erano razionati. Eravamo sempre in modalità sopravvivenza, ma anche questo faceva parte dei piani dell’ex presidente: ridurci così per impedirci di pensare, di lottare contro un Governo criminale, che ci ha bombardati e massacrati, che si arricchiva con il traffico di droga, come il Captagon e che ci ha tolto ogni libertà”.
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