Reportage

Siria, “non osavamo dire che i nostri figli erano morti”

Dopo la caduta di Assad, le vittime dell’attacco con gas nervino del 2013 alle porte di Damasco parlano per la prima volta apertamente di quanto successo

  • 2 ore fa
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Per anni i familiari delle vittime hanno mantenuto il silenzio per paura delle rappresaglie

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Di: Monika Bolliger, Anna Trechsel (SRF) 

Il contrasto non potrebbe essere più grande. Mentre Damasco è quasi intatta dopo 13 anni di guerra, i sobborghi di Ghuta, nei dintorni della capitale, sono in rovina. Le località sotto il controllo dei ribelli sono state assediate dal regime dal 2013 al 2018. 400’000 abitanti erano tagliati fuori da cibo e assistenza medica. L’aviazione siriana bombardava la zona a ripetizione.

Infine, nella primavera del 2018, gli insorti si arresero. Insieme a decine di migliaia di civili, furono deportati nell’enclave ribelle settentrionale di Idlib.

Le testimonianze dalla Siria (Rendez-vous, SRF, 07.01.2025)

Il ritorno dall’esilio a Idlib

A Zamalka, quartiere a nord est di Damasco, in una mattina di metà dicembre un gruppo di persone si riunisce davanti all’amministrazione comunale. Tra di loro c’è anche Amin al-Sheikh. Il cinquantenne, con un Kalashnikov a tracolla, è tornato da pochi giorni dall’esilio forzato a Idlib.

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Amin al-Sheikh ha passato quattro anni esiliato a Idlib

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Al-Sheikh è stato testimone dell’attacco chimico nell’agosto 2013 a Ghuta. “Ho cercato i miei familiari nelle cliniche e negli ospedali, ho visto file di morti e feriti. Gli ospedali non avevano abbastanza spazio quel giorno”. La sua famiglia sopravvisse all’attacco.

Maher Zaki Handoush perse sua moglie, due delle sue tre figlie e suo fratello insieme ai suoi figli. Dei video lo mostrano disperato, con le sue due bambine morte tra le braccia.

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Maher Zaki Handoush è stato torturato dal regime di Assad perché si rifiutava di ritrattare la dichiarazione sulla morte delle sue due figlie causata dal gas tossico

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“Gli sgherri del regime volevano costringermi a dire in televisione che erano delle bambole, non le mie figlie morte”. Quando si rifiutò, lo torturarono e lo trascinarono davanti a un tribunale. Apre la bocca e mostra i denti mancanti. “Me li hanno spaccati”.

La paura è sparita

Le mani di Handoush tremano mentre racconta la sua storia. Anche sua cognata Samar al-Masri trema. Quella notte, quando il razzo carico di gas nervino esplose, lei corse fuori con il marito e i figli. Lì persero conoscenza, ricorda Masri.

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Anche Samar al-Masri è stata vittima di un attacco con gas nervino nell'estate del 2013. Solo oggi osa dire chi ha ucciso i suoi due figli.

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“Ci siamo svegliati in ospedale e non sapevamo dove fossero i nostri figli. Solo dopo tre giorni ci informarono che i nostri due figli non erano sopravvissuti”. Fino ad oggi non avevano osato dire che i loro figli erano morti, e tanto meno come erano morti. “Ma ora parliamo. E diciamo: Bashar al-Assad e i suoi hanno ucciso i nostri figli.”. Come suo cognato, anche Samar al-Masri è sollevata. La paura della repressione è sparita.

Reazione passiva della comunità internazionale

I crimini del regime non lo avevano sorpreso, dice Amin al-Sheikh, il rimpatriato da Idlib. Il vero shock è stata la reazione passiva della comunità internazionale. “Questo porta alla radicalizzazione: quando le persone sentono quanto poco valore ha la loro vita per il mondo”.

Ci mostra la fossa comune in cui gli abitanti seppellirono le vittime dell’attacco chimico. “Il dolore è profondo. Non so quanto sia realistico il termine perdono. Ma dobbiamo guardare avanti e restare uniti”. Almeno i comandanti del regime di Assad dovrebbero ora essere processati, afferma Amin al-Sheikh.

Cosa accadde a Ghuta

Uno dei capitoli più terribili della guerra civile siriana fu scritto il 21 agosto 2013. Nelle prime ore del mattino, diverse località di Ghuta, i sobborghi settentrionali della capitale Damasco, furono attaccate con il gas nervino Sarin.

Pochi giorni dopo gli attacchi chimici, un team delle Nazioni Unite era sul posto e confermò l’uso di Sarin tramite razzi terra-terra. La paternità degli attacchi non fu mai completamente provata, ma in seguito si poté dimostrare che il Sarin utilizzato proveniva dalle scorte del regime.

Successivamente, la Siria acconsentì alla distruzione delle sue scorte di gas nervino. Tuttavia, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC) stabilì nel 2018 che il Governo siriano non aveva distrutto né tutte le scorte di armi chimiche né i siti di produzione.

Quante persone furono uccise negli attacchi del 21 agosto 2013 rimane ancora oggi incerto. Le cifre delle vittime variano tra diverse centinaia e 1’700 persone.

Un mese senza regime: il reportage di Falò dalla Siria

Lo scorso dicembre, in appena una decina di giorni, il regime sanguinario degli al-Assad è improvvisamente crollato. A capo delle forze insorte si è insediato il gruppo politico Hayat Tahrir al-Sham (HTS) guidato dal suo leader Ahmed Hussein al-Sharaa che ha un passato in Al Qaeda, Isis e Fronte al-Nusra. Al-Sharaa oggi si dichiara moderato e afferma di voler rispettare le minoranze. Ma è davvero così? E fino a quando? A poco più di un mese dalla caduta di Bashar al-Assad, Falò si è recato in Siria per cercare di capire come questo Paese, devastato da tredici anni di guerra, prova a ripartire.

11:27

Siria, un mese senza regime

Falò 14.01.2025, 21:15

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