Analisi

Stop al gas russo attraverso l’Ucraina

Il mancato rinnovo del contratto fra Kiev e Mosca interrompe il flusso che era rimasto immutato in quasi tre anni di guerra. Per i Paesi europei destinatari, un problema soprattutto di costi

  • 1 gennaio, 07:56
  • 2 gennaio, 16:32
02:41

Il gas russo non passa più dall'Ucraina

Telegiornale 01.01.2025, 20:00

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Di: Stefano Grazioli 

La fine del passaggio di gas russo attraverso l’Ucraina a partire da questo 1° gennaio 2025 rappresenta una svolta annunciata e storica. Con la decisione di Kiev di non prolungare i contratti di transito con Mosca, si chiude di fatto l’unica via ancora aperta sul fronte occidentale per il passaggio dell’oro azzurro verso l’Europa centrale e occidentale. Dall’inizio dell’invasione russa dell’ex repubblica sovietica nel febbraio del 2022 era già stato bloccato il percorso attraverso Bielorussia e Polonia verso la Germania, con la decisione presa unilateralmente dal Cremlino, e anche il gasdotto più settentrionale, il Nord Stream, che sotto il Mar Baltico collegava direttamente Russia e Germania, era stato messo fuori uso nel settembre dello stesso anno: in questo caso era stato un commando ucraino a far saltare la pipeline, nel contesto di un’operazione non del tutto chiarita nei dettagli politici, partita però inequivocabilmente da Kiev e che rappresenta di fatto il maggior attacco terroristico in Europa a un’infrastruttura strategica non militare dalla fine della Seconda guerra mondiale.

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Equilibri cambiati

Nel giro di quasi tre anni si sono dunque spostati gli equilibri energetici, del gas, continentali, con riflessi a livello mondiale. Il ruolo della Russia è rimasto quello di Paese esportatore, con la differenza che sono cambiate in larga parte le direttrici; gli europei sono restati a loro volta importatori, differenziando però la provenienza: non tutti sono stati coinvolti alla stessa maniera e hanno saputo reagire con velocità ed efficienza al nuovo quadro, anche se alla fine non vi sono state situazioni di emergenza, con una transizione progressiva che ha consentito a tutti, o quasi, di prendere le contromisure per la sostituzione del gas russo.

Mosca ha da un lato dirottato l’export verso la Cina e l’Asia e dall’altro ha aumentato quello di gas naturale liquefatto (GNL) anche verso l’Europa: l’Unione Europea non ha infatti comminato sanzioni dirette alle esportazioni russe di GNL, intervenendo in realtà solo su quelle verso Paesi terzi, vietando alle navi cisterna di fare scalo nei porti europei. Paesi come Francia, Belgio e Spagna hanno acquistato più GNL russo nel 2024 che negli anni passati. Mosca inoltre continua e continuerà a rifornire l’Europa balcanica attraverso il gasdotto Bluestream, che collega Russia e Turchia e si aggancia al Corridoio sud per risalire sia verso la Grecia che verso Bulgaria, Romania e Moldova. Per quel che riguarda importazioni in Europa il ruolo maggiore è stato assunto invece dalla Norvegia via gasdotti e dagli Stati Uniti e dal Qatar per il GNL.

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Problemi moldavi

Il blocco del transito attraverso l’Ucraina non avrà dunque effetti sconvolgenti per la maggior parte dei Paesi dell’Europa continentale interessati, dall’Austria all’Ungheria passando per la Slovacchia; è probabile però che la spirale dei prezzi continui ad avvitarsi, ovunque: il vantaggio del gas russo era soprattutto quello del costo relativamente basso rispetto alle alternative che ora sono state adottate, incidendo sui Paesi importatori. In alcuni casi però le conseguenze immediate potrebbero essere gravi, come per la Moldova, non ancora facente parte dell’Unione Europea, anche perché la fine del passaggio attraverso l’Ucraina si sovrappone ai problemi cronici con la Russia. La piccola repubblica stretta fra Ucraina e Romania avrà difficoltà a supplire i deficit di gas russo anche a causa della complessa situazione della Transnistria, territorio indipendentista separatosi all’inizio degli anni Novanta e supportato da Mosca.

Il Cremlino ha annunciato la sospensione delle forniture alla Moldova per una questione di debiti non pagati, cosicché, al di là del blocco ucraino, Chisinau non riceverà gas russo nemmeno via Turchia e Corridoio sud, dovendo per forza di cose ricorrere a maggiori importazioni dai mercati europei. A maggiori costi per gli approvvigionamenti si unisce inoltre il problema in Transnistria, dove la centrale elettrica di Cuciurgan, alimentata a gas, rifornisce di corrente gran parte della Moldova. Ma anche questa rischia di rimanere a secco e nella capitale separatista Tiraspol è stato dichiarato lo stato di emergenza dall’inizio di dicembre. Al momento tra gli attori in campo non è stato raggiunto nessun compromesso e gli scenari per il futuro prossimo sono diversi: da quello con esito positivo, che vede un accordo tra Mosca e Chisinau con il gas russo in arrivo dalla Turchia anche per la Transnistria e il conseguente rientro della crisi, a quello negativo con il blocco totale che creerebbe un’emergenza economica e sociale in pieno inverno sia in Moldova che nel territorio filorusso.

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