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Trump e la strategia del caos

Il presidente statunitense uscente ha già dichiarato che contesterà l’eventuale vittoria di Biden attraverso ricorsi a raffica: un terreno impervio e in parte inesplorato

  • 7 novembre 2020, 16:28
  • 22 novembre, 18:13
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Trump e la strategia del caos

Telegiornale 07.11.2020, 13:30

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Di: TG-Alessandro Chiara 

È una crisi istituzionale senza precedenti dunque quella in cui Donald Trump, che anche in caso di sorpasso confermato di Joe Biden negli Stati chiave non riconoscerà la vittoria del candidato democratico, sta gettando gli Stati Uniti. Il terreno su cui si gioca la partita ora è largamente inesplorato o senza casi paragonabili. Ma se dovesse perdere, sarebbe difficile che il presidente uscente possa restare alla Casa Bianca.

Concedere la vittoria non è comunque un obbligo iscritto nella Costituzione, ma una prassi avviata nel 1896, quando William Jennings Bryan mandò un telegramma di auguri al suo avversario William Mc Kinley. Nel 2016 Trump ricevette una chiamata da Hillary Clinton, rimandone, pare, sorpreso.

Ricorsi a raffica

Ora, il presidente in carica ha già reiterato la sua ferma intenzione di non riconoscere la vittoria a Biden. Anzitutto attraverso ricorsi a raffica. Terreno impervio e in parte inesplorato, come ci ha spiegato Lorenzo Castellani, docente di Storia delle Istituzioni Politiche LUISS Guido Carli: “Trump può sicuramente ottenere riconteggi negli Stati in cui ha uno svantaggio inferiore all’1%, dopodiché ha già annunciato che vuole adire ai tribunali, fino alla Corte Suprema. Tuttavia, la situazione è inedita, non si sa bene nemmeno quale sia il percorso legale da intraprendere per arrivare all’Alta corte, ed è quindi difficile che ci possa essere un ricorso diretto, la Corte Suprema potrebbe forse esaminare il caso se ci fosse una pronuncia da parte delle corti statali”.

Il resto potrebbe essere riassunto così: la strategia del caos. Visto che l'elezione del presidente avviene indirettamente il 14 dicembre attraverso il ricorso a 538 grandi elettori, Stati contestati con legislature "amiche" - come la Georgia del governatore repubblicano Kemp - potrebbero mandare a Washington grandi elettori alternativi a quelli già designati dai partiti o mandarne in eccesso.

Se decidesse il Parlamento?

In assenza di un vincitore chiaro, sarebbe a questo punto la Camera dei rappresentanti a dover scegliere il presidente, paradossalmente secondo il meccanismo uno Stato un voto, che favorirebbe i repubblicani, che non hanno il controllo della camera bassa, ma quello della maggior parte delle legislature statali.

Ma in questo caso secondo la rivista statunitense The Atlantic i democratici avrebbero un'arma di ritorsione. Il conteggio dei voti deve infatti avvenire alla presenza dei deputati. La speaker democratica Nancy Pelosi potrebbe bloccarne l'accesso, impedendo il conteggio.

Il 20esimo emendamento prevede in ogni caso che il mandato presidenziale termini a mezzogiorno del 20 gennaio. Se dovesse aver perso, a quel punto Trump sarà a tutti gli effetti un trasgressore.

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