Il punto

Un voto fra spaccature e l’ombra di Mosca

Le elezioni in Georgia evidenziano le divisioni interne al Paese e si innestano nel clima di aperto confronto fra Russia e Occidente

  • 26 ottobre, 11:14
  • 26 ottobre, 12:59
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Sostenitori di Sogno Georgiano, qui ripresi durante un recente meeting a Tbilisi in vista delle elezioni parlamentari

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Di: Stefano Grazioli 

Le elezioni parlamentari di domenica in Georgia si inseriscono nel più ampio contesto del duello tra Russia e Occidente che si trascina nello spazio postsovietico da oltre due decenni. Nel 2003 Tbilisi è stata per la prima volta teatro di una delle cosiddette rivoluzioni colorate, che negli anni seguenti si sono ripetute in diverse repubbliche dell’ex URSS: a quelle delle rose in Georgia è seguita quella arancione in Ucraina nel 2004 e poi quella dei tulipani in Kirghizistan nel 2005. In pochi anni nuovi governi e presidenti filoccidentali hanno sostituito quelli vecchi filorussi, anche se ovunque si è tornati in seguito a una certa alternanza. Se in Ucraina nel 2014 c’è voluta un’altra rivoluzione, sanguinosa, quella di Euromaidan, per riportare a Kiev il fronte europeista e atlantista al potere, altrove i passaggi sono avvenuti in maniera sostanzialmente democratica. In Georgia così l’eroe del 2004, Mikhail Saakashvili, è rimasto alla presidenza sino al 2013, quando è stato sostituito di fatto da un suo vecchio alleato, l’oligarca Bidzina Ivanishvili, fondatore di Sogno Georgiano, il partito che nell’ultimo decennio ha retto in sostanza le sorti del Paese.

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Mikhail Saakashvili nel 2013

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Riemerse le fratture di oltre 20 anni fa

La Georgia, al pari di altri Stati della vecchia URSS, dall’Ucraina alla Moldova, ha attraversato il periodo della transizione postsovietica in fasi turbolente, fatte di conflitti civili e passaggi di potere tra gruppi di volta in volta supportati dalla Russia o dall’Occidente. Le guerre degli anni Novanta, che avevano lacerato il Paese con la separazione delle regioni dell’Abcasia e dell’Ossenzia del sud, sono stati replicate nel 2008 quando Saakashvili ha tentato militarmente di riportare sotto il controllo statale i territori, scatenando la reazione della Russia. In seguito, l’involuzione autoritaria del presidente ha portato all’arrivo al governo di Sogno Georgiano, più accondiscendente con Mosca che non con Bruxelles e Washington; dopo un paio di legislature di relativa pace politica e sociale e le elezioni del 2016 e del 2020 che hanno confermato il largo consenso del blocco di Ivanishvili, nell’ultimo periodo le tensioni interne e internazionali sono però cresciute, facendo riemergere la profonda frattura fra filorussi e filoccidentali come ai tempi della rivoluzione delle rose.

L’ombra del Cremlino

A differenza di ventuno anni fa, Mikahil Saakashvili non è più in piazza a guidare l’opposizione, anche se il Movimento nazionale da lui fondato è la maggior forza antitetica a Sogno Georgiano: l’ex presidente è in carcere dal 2021 dopo una condanna a sei anni di carcere per abuso di potere e appropriazione indebita. Il ruolo di coordinatrice principale in chiave anti-Ivanishvili è ricoperto ora dall’attuale presidente Salome Zurabishvili, europeista e atlantista, che da mesi ha ormai abbandonato il ruolo super partes denunciando la deriva autoritaria o presunta tale di Sogno Georgiano e l’ombra del Cremlino sul destino della nazione. Lo scontro degli ultimi mesi tra governo e opposizione è diventato una questione internazionale con Mosca schierata piuttosto sommessamente dalla parte di Ivanishvili, mentre UE e USA si sono affiancati apertamente a Zurabishvili e alla variegata opposizione. Bruxelles ha anche congelato il percorso di avvicinamento della Georgia all’Unione Europea, nonostante il governo di Tbilisi, accusato di essere appunto vicino al Cremlino, abbia chiesto la procedura urgente d’accesso dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Un’altra rivoluzione?

Alla vigilia del voto i due fronti a Tbilisi appaiono comunque inconciliabili e il Paese spaccato: nella piccola repubblica del Caucaso sono chiamati alle urne circa 3,5 milioni di elettori e il successo dipenderà anche dalla capacità di mobilitazione e dall’affluenza ai seggi. Gli ultimi sondaggi vedono in testa Sogno Georgiano guidato dal premier Irakli Kobakhidze con circa il 35% dei consensi, mentre il Movimento nazionale di Tina Bokuchava si attesta sul 15%, insieme con altri due partiti minori con cui forma il blocco Unità; sulla stessa linea c’è la Coalizione per il cambiamento e poco dietro Georgia forte, intesa che unisce vari movimenti filoccidentali. Resta così da aspettare il responso delle urne per capire come e se potranno cambiare gli equilibri in un piccolo Stato, diviso internamente e collocato in una regione di confine dove si scontrano gli interessi dei grandi player mondiali. Il rischio peggiore, seppur remoto, è che si possa assistere a scenari rivoluzionari già visti, qui e altrove.

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RG delle 12.30 del 22.10.24, il servizio di Davide Maria De Luca

RSI Info 23.10.2024, 09:45

02:11

Georgia, elezioni parlamentari

Telegiornale 26.10.2024, 12:30

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